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Banda larga? Meglio bipartisan

di Paolo Gentiloni

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31 ottobre 2009

Per una volta mi piacerebbe condividere una decisione annunciata dal governo Berlusconi, sempre che me ne sia offerta l'occasione. Sto parlando di banda larga. Proprio un anno fa il viceministro allo Sviluppo economico Paolo Romani aveva annunciato un grande progetto, affidandone la regia a Francesco Caio, il manager italiano che aveva elaborato per Gordon Brown la strategia poi tradotta nel piano Digital Britain. Caio ha lavorato seriamente, consegnando a Romani il suo piano ai primi di marzo. Da allora, tuttavia, sull'attuazione di quella strategia sono stati fatti pochi passi avanti, e molto incerti.
Non mi riferisco solo alle reti di prossima generazione, la cosiddetta banda ultralarga con connettività fino a 100 Mbs, sulla quale anche nel resto d'Europa si cominciano a muovere solo i primi passi e non certo nel senso dei megainvestimenti asiatici. L'incertezza riguarda anche la parte più semplice e immediata degli interventi mirati a eliminare il divario digitale che ancora riguarda il 12% della popolazione e oltre un terzo dei comuni italiani.
Assicurare a tutti i cittadini un collegamento base a internet (da 2 a 20 Mbs) non è un obiettivo di poco conto ed è quanto stanno facendo in questi mesi gli altri paesi europei, nel caso finlandese addirittura trasformandolo in un obbligo di legge. È importante innanzitutto per ragioni di principio: l'accesso a internet va infatti ormai annoverato tra i servizi di natura "universale", alla stregua di servizi come poste, luce o gas nel secolo scorso. Nei prossimi anni non è immaginabile che ci siano delle comunità o delle persone in Italia del tutto prive della possibilità di connettersi alla rete. La banda larga per tutti è inoltre indispensabile per arrivare a un vero e proprio switch off per alcuni servizi della pubblica amministrazione, servizi che attualmente vengono erogati sia online, sia nella tradizionale forma cartacea agli sportelli.
Come ha ricordato il ministro Brunetta, chiudere del tutto la distribuzione tradizionale di alcuni servizi è indispensabile per un balzo in avanti dell'informatizzazione della pubblica amministrazione. Ma per farlo è necessario che almeno sulla carta il corrispondente servizio online sia accessibile a tutti. Infine, gli investimenti per eliminare il divario digitale sono la più classica delle attività "anticicliche", traducendosi in lavori immediatamente cantierabili. È difficile immaginare un altro tipo di investimento così immediatamente attivabile e così strategico per l'economia del futuro.
Il governo Prodi aveva fissato il traguardo per assicurare un collegamento minimo in banda larga per tutti al 2011, sviluppando un percorso basato su accordi tra ministero delle Comunicazioni e regioni e sugli interventi diretti della società Infratel finanziati per 400 milioni nel triennio 2007-2009. Nonostante il taglio di 50 milioni operato dal governo Berlusconi per il 2009, il traguardo del 2011 è ancora raggiungibile. Ma solo se si esce dall'incertezza che circonda il piano annunciato dal viceministro Romani: un contributo governativo di 800 milioni capace di attivare ulteriori risorse pubbliche e private fino a un totale di 1,4 miliardi, che sono sufficienti ad assicurare in tre anni la banda larga per tutti. Piano importante e condivisibile, salvo il fatto che a cinque mesi dall'annuncio di quegli 800 milioni non si è visto un euro. Il tempo passa, e non è chiaro se e quando il finanziamento sarà sbloccato dal Cipe.
E pensare che siamo di fronte a uno dei rari casi in cui un progetto importante per il paese è condiviso praticamente da tutti. Da maggioranza e opposizione. Dalle istituzioni locali. Dalle imprese, che sollecitano spesso il governo per bocca di Gabriele Galateri a nome di Confindustria. Dai sindacati e dagli operatori del settore. Insomma, in mezzo a tanti annunci di miracoli prossimi venturi - e in attesa di chiarirsi le idee sul modello italiano per realizzare la banda ultralarga - non sarebbe il caso di dare il via a un piano così semplice e così ricco di futuro?

Paolo Gentiloni, deputato Pd, è stato ministro delle Comunicazioni nell'ultimo governo Prodi

31 ottobre 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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