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«A ripulire questo disastro finanziario nazionale, poi, sono spesso gli stessi che hanno avuto un ruolo nel creare la situazione», dice Chris Adams, giornalista della catena McClatchy, proprietaria tra l'altro del Miami Herald (Florida e California sono le aree più colpite) e del Kansas City Star, e l'unica istituzione giornalistica che segua con assiduità il dramma dei mutui.
In un sistema dove la titolarità del mutuo è spesso di terzi che hanno investito nei derivati, i rapporti con i mutuatari sono gestiti in gran parte attraverso contratti di servizio o Mortgage-servicing rights (Msr), controllati alla fine al 56% da solo quattro gruppi secondo Inside mortgage finance, un centro di analisi di Bethesda: Bank of America, JP Morgan Chase, Citigroup e Wells Fargo. I quattro istituti gestiscono molti più mutui di quanti ne abbiano, cartolarizzati, in portafoglio, e nel terzo trimestre hanno avuto sugli Mrs perdite sensibili, causa mancati pagamenti.
Questo nonostante il Tesoro sia stato, per la rinegoziazione di mutui spesso non ancora definita, molto generoso con le banche. Gli incentivi vanno infatti più a chi ha concesso o gestisce il credito che ai mutuatari. Dai dati del Tesoro sulla gestione Tarp, risulta che a tutto il 30 settembre la maggior parte dei fondi finora impiegati non sono andati a finanziare prestiti integrativi, ma a risarcire le banche, fra cui anche protagonisti della più sfrenata corsa degli anni scorsi come Countrywide, la californiana Carrington Mortgages, Saxon Mortgage, che fa capo a Morgan Stanley, la Ocwen financial della Florida, e un centinaio di altre, a volte già trascinate in giudizio o sanzionate per avere in passato raggirato i loro clienti. In totale hanno già incassato, dal Tesoro, 27 miliardi e 65 milioni, più spiccioli. Oltre un terzo del disponibile. Se la casa era il cuore del Sogno Americano, il risveglio è amaro.