Distratta dall'estate ed altro, l'opinione pubblica sembra non essersi accorta che uomini donne e bambini pachistani, otto in tutto, sono stati uccisi per il solo fatto di essere cristiani. È successo il 1° agosto in un angolo del Punjab pachistano, ai confini con l'India, ed è soltanto l'ultimo episodio di una lunga serie di intolleranze . È l'Asia l'area più pericolosa. Nel Punjab le vittime, alcune bruciate vive, sono state assalite da gruppi di giovani musulmani incitati dai leader religiosi. L'accusa, un presunto gesto blasfemo contro il Corano. «Occorre cambiare la legge pachistana», ha dichiarato ieri il nunzio apostolico a Karachi, Adolfo Tito Yllana, ricordando che iscrivere la blasfemia fra i reati serve da copertura ai gruppi più intolleranti. In India l'anno scorso i morti sono stati 81 fra i cattolici, dicono le statistiche vaticane, e centinaia i pogrom anticristiani lanciati dalla maggioranza hindu. In Irak il vescovo di Kirkuk, dove 5 cristiani sono stati uccisi nei mesi scorsi, teme che la fine della presenza militare Usa porti a violenze anticristiane. Il 20° secolo, definito da Giovanni Paolo II il vero secolo del martirio cristiano, non è finito.