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«Migrantes» negli Usa sovvenzionati da casa

di Guido Bolaffi

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4 dicembre 2009

L'immigrazione è in crisi? Forse. Di sicuro c'è che, a partire dagli Usa, la prolungata recessione economica internazionale sta provocando al suo interno profondi e sino a poco tempo fa persino inimmaginabili sconvolgimenti. Primo fra tutti quello delle rimesse degli immigrati. Che per la prima volta nella storia denunciano, in parte, un'inversione nel senso di marcia. Una novità confermata da un'inchiesta pubblicata lo scorso 16 novembre dal New York Times.
Nel mondo dell'immigrazione i flussi monetari non seguono più, come da sempre, solo e soltanto la rotta nord-sud. Ma, sia pure in misura relativamente ancora modesta, quella opposta che dal sud si dirige a nord. Come testimoniano i libri contabili di una piccola banca del Chiapas, che contro 30mila pesos di rimesse dall'estero registrano un ammontare di uscite verso l'America quasi doppio.
"Reverse remittances", un fenomeno per il mondo delle migrazioni dai connotati quasi contro natura che si spiega con il fatto, ad esempio, che molte famiglie messicane anziché ricevere sono costrette ad inviare, nonostante i bassissimi livelli di reddito, aiuti ai loro congiunti del Norte che non riescono più a trovare lavoro e sono in serie difficoltà economiche.
Le ragioni? Più che le parole le spiegano i numeri. Nel 2007, in base ai calcoli del Pew Research Center, il tasso di disoccupazione degli immigrati in terra yankee era del 4,1 per cento. Ben al di sotto della media nazionale. Nel terzo quadrimestre di quest'anno, invece, a fronte di un 9,5% medio, quello degli stranieri senza lavoro superava il 10%, con punte dell'11,5-12% tra i latinos. Una condizione perfettamente descritta da Sarah O'Connor, in un articolo che il Financial Times ha dedicato la scorsa settimana al «downturn deals a blow to Us immigrants», come un vero e proprio effetto di spiazzamento fisico delle braccia straniere nel mercato del lavoro. Tanta, troppo offerta di lavoro da parte degli immigrati e poca, pochissima domanda interna. Con un conseguente effetto di trascinamento in basso dei salari. Contro i 10 dollari l'ora di ieri, oggi gli immigrati, se e quando trovano lavoro, a mala pena sono in grado di strapparne 7-8.
In America, dunque, l'immigrazione tira assai meno di un tempo. Un cambio di scenario, confermato, secondo gli autori del rapporto Recent Immigration Enforcement and the Decline in the Illegal Alien Population, soprattutto dal forte calo, per la prima volta dopo decenni, nel numero di stranieri presenti e in arrivo negli Usa. In base ai loro calcoli, dall'agosto 2007 al maggio 2008, ne risultavano mancanti all'appello tra 1,3 e 1,5 milioni. Un calo enorme. Se proseguisse determinerebbe, nel giro dei prossimi 5 anni, il dimezzamento degli effettivi dell'armata dei migrantes. Soprattutto tra i messicani meno qualificati, irregolari o clandestini.
Nuovi scenari dell'immigrazione che non riguardano, però, solo l'oltreatlantico. In Inghilterra, ad esempio, paese di testa nel Vecchio continente per numeri d'ingressi, l'immigrazione è diminuita nel 2008 del 44 per cento. Il saldo entrate-uscite si è infatti attestato a 118mila unità dopo aver per anni abbondantemente superato le 200mila. Un trend che gli esperti del Public Policy Research Institute attribuiscono all'elevato numero di immigrati (+50%) che hanno deciso di fare ritorno a casa. In particolare quelli dei paesi di recentissima adesione Ue, che hanno fatto registrare, lo scorso anno, un saldo positivo di 18mila unità contro le 80mila del 2007. Ma non basta.
Secondo William Gios, coordinatore per l'Asia del Migrant Forum, dai paesi del Golfo, anch'essi in forte recessione, più di 50mila immigrati indiani avrebbero già fatto ritorno in patria. Un trend che avrebbe spinto il governo di New Dheli, intenzionato ad evitare un ulteriore, rischioso peggioramento della situazione, a ridurre il numero dei visti per lavoro all'estero dei suoi cittadini a un ritmo di mille al giorno.
L'immigrazione, a differenza di quanto si è comunemente portati a pensare, non è un evento di natura ma figlia del mercato che la governa "silenziosamente" in base a un complicato ma concreto sistema di convenienze e d'interessi dei suoi attori.

4 dicembre 2009
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