Sky Italia come non l'avete mai vista: con gli occhi di chi è abituato a sezionare i bilanci. E dalla fotografia scattata da R&S-Mediobanca emerge il quadro lusinghiero di una pay-tv che in pochi anni è riuscita a posizionarsi al terzo posto in Europa per numero di abbonati (4,8 milioni), a sorpassare per ricavi nella Penisola un gruppo consolidato come Mediaset (lo dice la relazione annuale dell'Agcom), ma senza perdere di vista nel contempo l'equilibrio finanziario e la redditività.
Agli ultimi dati disponibili, infatti, la tv satellitare di Murdoch, che muove 2,6 miliardi di giro d'affari (non molto distante dai 3,1 della Rai), ha completamente azzerato i debiti finanziari, ha rafforzato il patrimonio a oltre un miliardo, ha staccato un dividendo da 205 milioni, e raggiunto un Roe da record con un return on equity del 70 per cento.
Ma non è stato lo share a decretarne il successo: con ancora solo il 9% di ascolti, Sky ha una quota di mercato che è meno di un quarto rispetto alla Rai (42%) e a Mediaset (40%). A differenza delle tv del Biscione, che per l'81% vivono di spot, l'emittente del gruppo Newscorp fa però conto sulla pubblicità solo per l'8% delle sue entrate che, per l'84%, derivano invece dagli abbonamenti: 500 euro versati in media all'anno da ciascun utente che si confrontano con i 106 euro di canone Rai (per via Mazzini l'obolo degli spettatori contribuisce alla metà dei sui ricavi mentre il 38% arriva dalla pubblicità).
Un modello di business che ha permesso nel giro di quattro anni di ampliare il fatturato dell'84% e di segnare una crescita esponenziale dei margini, con utili saliti a 439 milioni, solo 20 in meno di Mediaset che però per contabilizzarli ha bisogno anche dell'apporto della Spagna e delle attività cinematografiche.