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Sognando gli occhi della tigre

di Alberto Alesina e Roberto Perotti

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4 dicembre 2009


Il governo va rassicurando gli italiani con la seguente analisi della situazione economica. Prima della crisi l'Italia cresceva meno della media europea, a sua volta ben inferiore a quella americana. Ma il nostro paese ha sofferto meno degli altri per la recessione, in particolare meno dei paesi che si basano su bolle speculative e carte di credito, come gli Stati Uniti ma anche Spagna, Irlanda e Gran Bretagna. Oggi l'Italia sta uscendo dalla crisi meglio di tutti, e la nostra economia è più solida di quella dei paesi "speculatori". Per alcuni, nel governo e fuori, questo dimostrerebbe che il modello europeo (quello del "posto fisso") è ritornato a superare il modello di mercato anglosassone.
Il governo fa quello che fanno tutti i governi del mondo, minimizzare i problemi e massimizzare i risultati positivi. L'errore è però confondere i dati di un trimestre con l'analisi di lungo periodo. È vero che la "Grande recessione" in Italia è stata meno severa che in Irlanda e Spagna, ma se guardiamo agli ultimi 25 anni il Pil pro capite italiano è aumentato del 40%, mentre quello irlandese è più che triplicato ed è ora ben superiore a quello italiano. In una prospettiva di lungo periodo, dunque, ciò che è successo nell'ultimo anno è soltanto un accidente della storia, un evento serio ma che non cambia la storia permanentemente. E a parte Irlanda e Spagna, nel 2009 il Pil italiano scenderà ben più che negli Usa e negli altri paesi europei.
Su cosa si basa dunque l'idea che il modello italiano sia uscito vincente, o quantomeno meno perdente? Su pochi dati congiunturali, che non hanno niente da dire sulle tendenze di lungo periodo.

Dapprima, per effetto dell'apprezzamento dell'euro negli ultimi mesi, l'Italia ha nuovamente superato la Gran Bretagna quanto a reddito totale espresso in euro; ma se si guarda al reddito reale pro-capite (cioè misurato in termini di beni e servizi acquistabili dal cittadino medio nei due paesi) l'Italia è ancora ben lontana dalla Gran Bretagna. In seguito, nel terzo trimestre del 2009 il Pil italiano ha fatto registrare uno dei più alti tassi di crescita in Europa; ma questo dato va interpretato alla luce della performance, tra le peggiori dell'area Ocse, nei cinque trimestri precedenti.

Due dati leggermente più "strutturali" si riferiscono al sistema bancario e alla finanza pubblica. Per molti il sistema bancario italiano si sarebbe dimostrato più solido perché meno esposto al boom dei derivati; ma anche qui, è un errore confondere la performance a cavallo della crisi con l'analisi di lungo periodo.
Per molti anni ci si è lamentati che il sistema bancario italiano era inefficiente, costoso e ingessato; se per un anno ha evitato di finire sulle prime pagine dei giornali, al contrario di tante banche anglosassoni, non per questo ora dobbiamo dimenticarne le tare di lungo periodo. Sulla finanza pubblica, è vero che Stati Uniti e Gran Bretagna stanno accumulando disavanzi enormi per salvare le loro istituzioni finanziarie; ed è vero che il ministro Giulio Tremonti ha lodevolmente resistito ai tanti assalti alla diligenza da dentro e fuori il governo.
Ma pur con i loro disavanzi di bilancio, Gran Bretagna e Usa avranno pur sempre un debito pubblico inferiore a quello italiano, che viaggia ormai verso il 120% e non si fermerà lì. Ancora una volta, due trimestri non possono trasformare l'Italia in un paragone di probità fiscale, né la Gran Bretagna in una repubblica delle banane.
Invece di inventarsi un'Italia che mostra il cammino al resto del mondo, il messaggio dovrebbe essere che forse gli italiani non si devono aspettare un crescita elevata data la struttura della loro economia. Una crescita dell'1% l'anno in media non ci renderà poveri in senso assoluto, semplicemente meno ricchi degli altri. È un problema? Forse l'Italia deve, come e più degli altri paesi, disfarsi del miraggio della "quantità" della crescita e concentrarsi sulla "qualità" del livello di vita.
Tutto sommato, il livello medio di benessere è già relativamente elevato (il che non esclude che vi siano sacche di povertà che vanno combattute); ed è verosimile che il benessere "extra Pil", cioè tutto ciò che non è misurato nel Pil, sia più alto in certe parti d'Italia che in molti altri paesi (come conferma anche il sondaggio Ipsos-Sole 24 Ore a pagina 2). Un esempio classico è la struttura familiare solida, che garantisce un po' di quel welfare che uno stato inefficiente non sa dare, e tanti vantaggi non quantificabili economicamente.
Una struttura familiare, sociale ed economica che garantisce un quieto vivere senza troppo dinamismo, mobilità e meritocrazia, però con la famiglia e gli amici sotto casa. Forse è questo che molti italiani vogliono. Ma se questo è il modello, perfettamente legittimo, allora non regge la retorica dell'"Italia tigre d'Europa".

4 dicembre 2009
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