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Tutti i dubbi degli orfani di Keynes

di Pietro Reichlin

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4 Marzo 2010

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Questo scambio sta avvenendo su larga scala da molti mesi e potrebbe sbloccare i flussi finanziari verso le imprese, delegando allo stato una parte dell'intermediazione finanziaria. Se è vera l'analisi appena illustrata, una crescita del debito pubblico può aiutare ad uscire dalla crisi, ma la sfida sarà come tornare alla normalità, quando i risparmiatori si stancheranno di detenere titoli a basso rischio e rendimenti nulli. In quel momento si capirà se i titoli rischiosi acquistati dal Tesoro sono stati un buon affare.
Le ragioni per cui i disavanzi e il debito pubblico dovrebbero aumentare nel corso della crisi del 2008 non sono convenzionali. I governi fronteggiano oggi nuovi problemi di politica economica e non trovano tutte le risposte nei testi keynesiani. La questione di fondo non è se lo stato deve stimolare la crescita, ma quali strumenti deve usare a questo scopo.

KEYNES IN QUATTRO TITOLILa «Teoria generale»
Il trattato di Keynes, che ha scosso alle fondamenta la scienza economica, è la Teoria generale dell'occupazione, l'interesse e la moneta. L'intenzione dell'economista di Cambridge era di costruire una teoria più ampia di quella tradizionale, cercando di spiegare perché nella realtà il mercato del lavoro non raggiunge l'equilibrio di piena occupazione. Le scuole tradizionali hanno però assorbito i suoi suggerimenti, ribaltandone le intenzioni e facendo dell'impostazione di Keynes un caso speciale, rilevante solo quando i prezzi o i salari sono rigidi. Molti keynesiani di oggi sono eredi di questa interpretazione della Teoria generale, legata ai nomi di John Hicks e di Paul Samuelson.

Tra analisi...
La Teoria generale analizza l'economia partendo da presupposti diversi da quelli dell'approccio tradizionale: la sostanziale inapplicabilità della teoria della probabilità - di cui Keynes era un esperto - all'economia e alla finanza, per sua natura instabile; e la natura particolare della moneta, un bene che non può essere «prodotto» in quantità maggiori se aumenta la domanda, che non può essere facilmente sostituito da altri e che quindi si comporta in modo molto particolare. Queste assunzioni sono oggi condivise solo da alcuni tra gli economisti detti post-keynesiani, eterodossi.

...e politica economica
La conclusione che il mercato del lavoro può non raggiungere da solo la piena occupazione ha spinto Keynes ad auspicare, nei momenti di difficoltà, tassi d'interesse bassi e lavori pubblici, mentre era scettico sui trasferimenti di reddito a sostegno della domanda perché inflazionistici. I suoi successori, sfruttando idee piuttosto diffuse negli anni 30 e legate in realtà più al lavoro dell'americano Irving Fisher che a quello del britannico Keynes, hanno sostituito agli investimenti le spese pubbliche in genere e hanno immaginato di poter correggere continuamente il ciclo economico. Questa politica è oggi conosciuta come keynesiana.

La «rivolta» di Chicago
La reazione a Keynes è stata lenta ma costante: il monetarismo di Milton Friedman ha dato più enfasi alla politica monetaria rispetto alle spese pubbliche, sottolineandone gli effetti perversi; Robert Lucas ha poi tentato di spiegare che consumatori e investitori "vanificano" le politiche economiche anticipandone gli effetti e correggendoli. L'ultima scuola di new-keynesians ha accettato e rivisto l'impostazione di Lucas, introducendovi salari e prezzi vischiosi.

4 Marzo 2010
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