Il Pdl è uno strano partito. A guardare i dati elettorali sembra che stia decisamente in buona salute. Martedì Il Sole 24 Ore ha pubblicato un sondaggio sulle prossime elezioni regionali. Sulla base delle intenzioni di voto il partito di Berlusconi avrebbe il 37,2% dei consensi contro il 29,8 del Pd. Altri sondaggi pubblicati da altri giornali danno risultati analoghi. Se questo risultato fosse confermato sarebbe uguale a quello delle politiche del 2008 (37,3%) e superiore di due punti rispetto alle europee del 2009 (35,3%).
Queste cifre fanno del Pdl uno dei più forti partiti moderati europei. Tra le grandi democrazie dell'Europa occidentale solo in Spagna e in Francia si trovano partiti di centrodestra più forti. In Spagna il Partito popolare ha ottenuto alle ultime elezioni il 40,6% mentre l'Ump di Sarkozy in Francia ha preso il 39,5%. Ma né la Cdu-Csu della Merkel né i conservatori britannici sono arrivati alla cifra elettorale del partito di Berlusconi.
Nel grafico a destra si possono vedere altri dati che dimostrano come la fusione tra le diverse componenti del Pdl sia stata un successo sul piano elettorale, almeno fino ad oggi. Non era affatto scontato che la somma dei voti di Forza Italia, Alleanza nazionale e Dc-Npsi nel 2008 desse un risultato uguale a quello ottenuto da questi partiti nel 2006. Allora avevano ottenuto a livello nazionale il 36,8. Nel 2008 sono arrivati al 37,3 e come si è visto negli ultimi due anni il Pdl è rimasto sostanzialmente intorno a questa cifra. La fusione elettorale quindi sembra riuscita.
Disaggregando però i dati per area geo-politica si possono notare delle significative differenze territoriali. Due in particolare. Nel Nord-Ovest (Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige) il Pdl non è riuscito a mantenere i voti che le sue componenti avevano preso nel 2006. La perdita è stata di 5,6 punti percentuali. Non sono pochi. Nel Veneto è stata addirittura di 9 punti. Non ci vuol molto ad arrivare alla conclusione che i voti persi sono andati alla Lega che li ha mantenuti anche alle europee del 2009 quando il partito di Berlusconi ha preso in questa area più o meno la stessa percentuale delle politiche dell'anno prima. Colpisce il fatto che il Pdl abbia nel Nord-Ovest la stessa percentuale di voti che ha nelle regioni del Centro, quelle della ex-zona rossa. Al Sud invece si è verificato il contrario. In queste regioni il Pdl ha ottenuto un notevole successo passando dal 39,8% delle sue tre componenti nel 2006 al 45% del 2008, anche se poi è calato al 41% alle europee del 2009.
Questi dati ci dicono chiaramente che la creazione del Pdl ha funzionato soprattutto al Sud dove non c'era la concorrenza della Lega. Ma nonostante questo limite geografico resta il fatto che la sua fragilità non riguarda il suo rapporto con l'elettorato italiano. Tra l'altro su molte questioni eticamente sensibili oltre che sulla sicurezza e sulla economia gli elettori ex-Forza Italia ed ex-An sono molto vicini tra loro e distanti da quelli del Pd. Il problema è interno al gruppo dirigente. La fusione non ha funzionato a livello di partito. Non esiste una visione comune, un'organizzazione condivisa, una fiducia reciproca. Il partito è ancora diviso in due tronconi che Berlusconi fa fatica a tenere insieme. La mancata presentazione delle liste a Roma per le prossime elezioni regionali è un sintomo di queste difficoltà. Questo in prospettiva è un grosso rischio. Le divisioni non solo danneggiano l'immagine di Berlusconi ma gli sottraggono anche l'argomento di una destra unita contro una sinistra divisa. Su questo il Cavaliere ha costruito il suo successo nelle elezioni del 2008 sfruttando la cattiva immagine del governo Prodi. E questo fattore ha continuato ad essere un vantaggio competitivo nei confronti del centrosinistra.
Nel Nord è probabile che sia la Lega ad avvantaggiarsi delle difficoltà del suo alleato. Il sorpasso in Veneto è un evento possibile. Al Sud invece manca per ora una alternativa credibile ma la crescita dell'astensionismo potrebbe comunque far danni al partito di Berlusconi. In ogni caso se le sue divisioni interne dovessero continuare tutto quello che si è detto sul relativo successo della fusione elettorale tra Forza Italia e An sarebbe cosa del passato.