Il bilancio di una banca - secondo il mantra di Raffaele Mattioli - è a rischio permanente di essere «un'opera di fantasia». Ma l'ironia del banchiere-intellettuale della Comit riusciva ad andare ben oltre: era podaniptron - «acqua per pediluvi» in greco classico - la liquidità crescente che premeva sulle banche italiane tra gli anni 60 e 70. Ora come allora, l'iper-liquidità (generata su scala globale da banche centrali e governi per sostenere il credito in crisi) è insidiosa. Spegne le minacce di default, ma annacqua gli standard di concorrenza e trasparenza.
Il governatore di Bankitalia Mario Draghi - che ieri ha firmato con Lamberto Cardia (Consob) e Giancarlo Giannini (Isvap) una raccomandazione congiunta perché i bilanci 2009 delle grandi società italiane siano redatti con assoluto rigore - si è formato anche su «Tendenze monetarie», bibbia della Comit di Mattioli. E si sente: come nei testi del Financial Stability Board e nell'ultimo schema di vigilanza «Basilea 3», di cui Draghi è stato il vero mastermind. I richiami della raccomandazione sono puntuali: gli avviamenti (ben 73 miliardi per le banche italiane quotate); le partecipazioni azionarie e i crediti problematici sono le tre voci-chiave per le quali non saranno ammessi accenti contabili di fantasia, ma solo di chiarezza e severità. E si sbaglia chi pensa all'exit strategy - e all'aggiustamento temporaneo di alcuni Ias-Ifrs - come a un'uscita di sicurezza per banche e banchieri poco rigorosi. In Italia come a Wall Street. Da parte di Draghi, in Via Nazionale come al G-20. Domani - nel caso - alla guida della Bce.