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La Corte stacca il crocefisso

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4 novembre 2009

Summum ius, in punta di legge, è difficile eccepire alla sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo sul crocefisso nelle scuole. In uno stato laico una religione non può esporre i suoi simboli nei luoghi pubblici, da cui sono escluse altre confessioni, dagli ebrei ai musulmani ai buddisti. Per non parlare di chi non crede affatto. Quindi nell'accettare la denuncia della signora italiana Soile Lautsi, la Corte conferma il rigido principio che ha portato ad escludere i riferimenti alle fedi religiose nella Costituzione europea: muro tra Stato e Chiesa, come predicavano i padri della costituzione Usa. Bene. Peccato però che la Costituzione «laica» sia stata cestinata senza troppe cerimonie dagli europei.

Guardando più da vicino la sentenza, forse, leggere che il crocefisso costituisce «violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni» induce a meditare che la rigidità laico-religiosa cara agli Illuministi del XVIII secolo è ingessata nel XXI. Conviviamo in una società di molte culture, fedi, tradizioni (proprio oggi ci ha dato l'addio il centenario antropologo Levi-Strauss, profeta delle differenze umane). Nel futuro dovremo escluderci gli uni con gli altri, azzittendo le minoranze e appiattendo le maggioranze, intubandoci in un grigio sotto vuoto spinto dove nessuno può essere più nulla, perché se cristiano, ebreo, musulmano, secolare, buddista, giainista, offende comunque qualcuno? La tolleranza che Voltaire invocava nel suo Trattato era un burocratico muro imbiancato?

Ora sarebbe bene evitare - non ci speriamo! - gli opposti populismi, da una parte neogiacobini festanti, dall'altra sanfedisti in armi. Per chi si ostina a riflettere è possibile ancora cercare un equilibrio tra sfera pubblica capace di non escludere nessuno e società viva che non cancelli la memoria? In Francia, la Republique mugugna se le ragazze arabe indossano il velo a scuola e non è neppure simbolo di fede: vieta una tradizione e basta. Non sarebbe meglio - allora - permettere agli studenti di avere intorno a sé a scuola i segni della propria identità, tutti, senza odio né regolamenti calati da migliaia di chilometri di distanza?

Summum ius i giudici europei, tra cui l'italiano Zagrebelsky, han sentenziato in punta di codice. Temiamo però che per tanti, magari a torto, sarà l'ennesima conferma di un'Europa frigida, che ha a cuore le norme prima delle persone, l'Europa senz'anima che sempre meno cittadini votano e da cui troppi prendono le distanze risentiti. Un giudice «europeo» che stacca il crocefisso da una scuola elementare è buona stampa per l'Europa? A volte summum ius se non summa iniuria come temeva Cicerone può però essere somma assenza.

4 novembre 2009
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