Ex capo dell'unità Cia per la cattura di bin Laden
L'aspetto positivo è che il presidente Barack Obama è bravo quanto il suo predecessore George W. Bush. Può affermare di aver ottenuto in un anno lo stesso obiettivo che Bush disse di aver ottenuto tra gli attentati dell'11 settembre 2001 e il novembre 2008: l'America non è stata colpita in patria da al Qaeda. Per il resto, al pari di Bush, ogni altra cosa è negativa. Obama ha suscitato nel mondo musulmano aspettative che non sarà in grado di mantenere; lo testimonia il cambiamento di idee del segretario di Stato Hillary Clinton in relazione agli insediamenti israeliani. A mano a mano che ciò diventa più evidente, i nostri nemici islamisti guadagneranno credibilità, adepti e vigore. Obama ha mancato di lasciare l'Iraq mentre le cose miglioravano; adesso i cambiamenti apportati dall'aumento delle truppe si stanno esaurendo.
In Afghanistan Obama, il suo partito, i media e i repubblicani agiscono come se le elezioni avessero importanza - mentre non è così in quella società conservatrice - e hanno reso il rafforzamento del nostro esercito soccombente e abbandonato in tutto e per tutto dipendente dai progressi politici che non avranno luogo. Non vi è riduzione nella nostra dipendenza dal petrolio straniero; non vi è completa messa in sicurezza dell'arsenale di armi di distruzione di massa dell'ex Unione Sovietica; vi è una quantità in aumento di debito statunitense nelle mani dei nostri nemici cinesi e sauditi; nessun termine posto alla nostra ricerca di delegati ad agire in nostra vece come ai tempi della Guerra fredda per fare il nostro sporco lavoro - vedi gestione della situazione in Pakistan; e nessun controllo alle frontiere per dare alle forze dell'ordine incaricate la chance di combattere per proteggere gli americani. Obama ha una voce di velluto, ma è un presidente che favorisce lo status quo della nostra fallita politica estera bipartisan, poiché non riconosce i pericoli, pianifica solo gli scenari migliori e si avvia barcollando verso il disastro.