Come ha scritto nel suo «Punto» di martedì Stefano Folli «nella bilancia istituzionale oggi Napolitano pesa più di ieri». Il presidente gentleman, eletto nel maggio del 2006 sotto il governo Prodi, ha gestito tre difficili anni di crisi politiche, elezioni e tsunami finanziario con mano al tempo stesso ferma e abile. I detrattori, già dagli anni della sua milizia politica, ne han sempre scambiato il tratto diplomatico per ritrosia, perché in Italia è abituale che la buona volontà, la capacità di guardare ai mutamenti di lungo periodo e la mancanza di petulanza polemica vengano sottovalutate in timidezza. Il presidente, stretto tra un governo che malgrado una maggioranza ferrea rilutta a innescare le marce delle riforme, un'ondata antipolitica che monta risentimenti populisti a destra e sinistra, le difficoltà private del premier, ancora sottolineate nell'intervista della figlia Barbara, e un'opposizione a dir poco inane, ha tenuto presente solo l'interesse nazionale, dialogando con chiunque ne condivida la filosofia, a partire dal presidente Fini. Un uomo giusto al posto giusto in una difficile stagione.