Si guadagna un primato la Scala under 30: ha il pubblico più bello. Bella forza, sono ragazzi. Eleganti, sorridenti, compunti. Chi ha la cravatta con Topolino, chi le scarpe da tennis. Nell'intervallo è tutto un commentare: ridono, leggono il programma di sala, telefonano. Tutti sono soggiogati. La Carmen di ieri sera, anteprima della stagione del Teatro milanese, che s'inaugurerà lunedì 7 dicembre (ore 18), li vede concordi. È un successo, una scoperta.
Anche se all'ultimo hanno annunciato che il tenore Jonas Kaufmann, previsto come don José, per un'improvvisa indisposizione non canterà. Lo sostituisce Riccardo Massi, che, per pura coincidenza, è un giovane, uscito dall'Accademia della Scala, anche lui come la protagonista, Anita Rachvelishvili. Sono tra l'altro fidanzati. Per spiegare le ragioni della sostituzione, esce in palcoscenico il direttore, Daniel Barenboim. Microfono alla mano, autentico istrione, gioca con i ragazzi, dirigendone l'applauso. È un'improvvisata, ma il crescendo-diminuendo funziona: e chi l'ha detto che i giovani siano refrattari alla musica classica? Basta un accenno di qualità e scattano.
«Fiertà», dice Barenboim: «è una gran fierezza avervi qui». Il direttore della nuova Carmen, che pure conosce molto bene l'italiano, conia un neologismo perfetto per il significato di questa sera. La Scala, alla seconda volta nell'anteprima dedicata ai giovani, è in tutto e per tutto nuova. Perfino l'Inno nazionale suona diverso. I ragazzi non cantano. Stanno in piedi severi. Ma l'applauso sulla strappata forte del finale suscita un battimani che così intenso non ci era mai capitato di sentire.
Durante i quattro atti l'ascolto sarà poi totalmente vigile: non c'è il clima da loggione questa sera, non c'è nessuno a far partire dall'alto il la del consenso o del dissenso. Ci raccontano che alla prova generale, il 1° dicembre, riservata ai dipendenti dei lavoratori del Teatro, ci siano stati un po' di "buuh" indirizzati alla regista Emma Dante, alla fine.
Il pubblico dei giovani, invece, sembra condividere quello che vede: una lettura decisamente moderna, priva di qualsiasi riferimento a una Spagna da cartolina. Carmen alla Scala incarna una femminilità radicale, sfrontata; un Sud dell'anima, preannunciato dalla regista palermitana, che si traduce anche in squarci di dolcezza improvvisa, di giochi corali.
In teatro sono arrivati questa sera per strade diverse: la coda al mattino presto in via Filodrammatici, un concorso del Fai, un click su internet. Con dieci euro siede in Scala. Torneranno? Saranno il pubblico di domani? Il sovrintendente Lissner è pronto a scommettere di sì.