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Sulle nomine Ue l'Italia si gioca le ultime carte

di Fabio Tamburini

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Il parto è stato lungo e dall'esito incerto ma, alla fine, il consiglio dei ministri finanziari dell'Unione Europea (l'Ecofin) ha trovato l'accordo per una svolta: la nascita delle tre authority che dovranno garantire maggior efficacia dei controlli su banche, assicurazioni, mercati azionari. L'intenzione è di rimediare alla pessima figura fatta dagli organismi nazionali, resa evidente dall'ultima, drammatica grande crisi. Ora sarà necessario andare oltre le etichette e capire quale sarà nella pratica quotidiana la ripartizione dei poteri tra i due livelli di controllo, quello europeo e quelli dei singoli stati.
Intanto la partita delle nomine è cominciata. Il primo appuntamento importante è per gennaio dell'anno prossimo, quando verrà nominato il presidente dell'Eurogruppo. Fino a poco tempo fa il numero uno in carica, Jean-Claude Juncker, primo ministro lussemburghese con delega alle Finanze, sembrava non avere molte chance di essere riconfermato. Sia perché risultava in difficoltà sul fronte interno, sia perché era alla guida di uno stato al centro delle attenzioni come paradiso fiscale e chiamato a voltare pagina nel nome della trasparenza e della legalità. Poi Juncker ha forzato i tempi per ottenere la rielezione e, proprio nel fine settimana scorso, ha dato la spallata finale.
In particolare, ritiene di aver trovato la strada per un sostanziale via libera da parte di due paesi determinanti: Germania (con il premier Angela Merkel che ha preferito puntare su un tedesco, il presidente della Bundesbank Axel Weber, come successore del francese Jean-Claude Trichet alla guida della Bce) e Francia (con il premier Nicolas Sarkozy, che ha dato segnali chiari condivisi con il ministro dell'Economia, Christine Lagarde, in prima battuta contraria alla conferma di Juncker).
La sconfitta, se non interverranno colpi di scena ancora possibili, sarebbe per il governo italiano che candida il ministro dell'Economia Giulio Tremonti e che esce dall'ultima tornata di nomine incassando soltanto l'incarico di Antonio Tajani al vertice della Commissione europea per l'industria, trattamento peggiore di quello riservato alla disastrata Spagna, che ha ottenuto per Joaquin Almunia il passaggio da commissario agli affari economici a una poltrona altrettanto importante, quella di commissario alla concorrenza. Senza contare che nel frattempo la rappresentanza italiana ai vertici degli organismi chiave della finanza internazionale, dalla Banca mondiale fino all'Fmi, si è perfino praticamente annullata.
Il secondo appuntamento importante a livello europeo è la nomina del successore di Trichet alla Bce. In proposito, Merkel permettendo, la candidatura italiana è d'obbligo. In particolare quella del Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi. La vicenda entrerà nella fase calda a partire dalla primavera prossima e, nel caso di successo, crea le condizioni per il passaggio di Vittorio Grilli dalla direzione generale del Tesoro alla Banca d'Italia.
Resta, sul fronte interno, un'altra casella da riempire: la presidenza della Consob, con Lamberto Cardia che uscirà di scena in giugno. Tra i candidati, oltre allo stesso Grilli, spiccano due magistrati: Pasquale De Lise (presidente aggiunto del Consiglio di stato, gradito in particolare a Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio) e Francesco Greco (sostituto procuratore aggiunto a Milano, per il quale ha speso buone parole il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, ma che deve fare i conti con i rapporti tempestosi tra governo e magistratura).
fabio.tamburini@ilsole24ore.com

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