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DOPO L'INTERVENTO DI ALESSANDRO PROFUMO / Stato e mercato, un rapporto da rivedere?

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5 Maggio 2010

Ripensare i rapporti tra stato e mercato, allo scopo di favorire la ripresa: «In Italia e in Europa - ha scritto ieri sul Sole 24 Ore l'amministratore delegato di UniCredit Alessandro Profumo - la politica verso le imprese è stata improntata negli ultimi anni all'obiettivo di disegnare un set minimale di regole in cui poi le forze di mercato agissero. Questo approccio resta valido - l'efficace funzionamento del mercato rimane indubbiamente il modo migliore di stimolare lo sviluppo economico (e in Italia, com'è noto, molti passi in questa direzione sono ancora da compiere) - ma non è più sufficiente». Il tema attraversa da due secoli e mezzo il discorso economico. Abbiamo chiesto l'opinione a tre economisti.

Franco Bruni
Università Bocconi

Sì alla collaborazione ma senza confusioni
La globalizzazione richiede grandi trasformazioni e grandi progetti, scelti con selettività lungimirante. La collaborazione fra pubblico e privato, nell'individuazione di eccellenze e strategie condivise e sostenibili, è cruciale. Collaborazione non deve però significare confusione, non deve escludere gli outsider e ridurre la concorrenza, non deve socializzare i rischi dei privati né incentivare la ricerca di relazioni privilegiate ed esclusive fra i politici e i loro amici. Nessuna collaborazione deve essere protezionista e alcune devono essere transnazionali. Inoltre il miglior contributo dei settori pubblici alla crescita rimane la fornitura efficiente di servizi pubblici essenziali di alta qualità.

Carlo Stagnaro
Istituto Bruno Leoni

La mano dei governi non è mai efficiente
Può lo stato scegliere i settori economici più promettenti? Alessandro Profumo chiede meno stato e una spesa pubblica più coraggiosa per promuovere l'eccellenza. Da un lato gioca da "mercatista". Dall'altro, però, rischia di attaccare il carro bancario all'asino pubblico. Lo stato non possiede le informazioni necessarie a decidere razionalmente, e non ha neppure incentivo a raccoglierle. Solo con la competizione tra gli istituti di credito il finanziamento alle imprese può essere efficiente e virtuoso. Rinunciare a questa responsabilità può apparire seducente, ma svuota le banche della loro funzione e finisce per politicizzare l'iniziativa imprenditoriale. Raramente, partendo da qui, si arriva molto lontano dai panettoni di stato.

Riccardo Bellofiore
Università di Bergamo

È ormai in fallimento il social-liberismo
Profumo dichiara il fallimento del social-liberismo: liberalizzare per ri-regolamentare non basta più. La situazione critica della competitività ha a che vedere con le scelte imprenditoriali. Giusto riproporre la questione dell'orientamento pubblico allo sviluppo (la "socializzazione dell'investimento" di Keynes?), sostenuto dal credito (la "socializzazione della banca"?), che riapra l'orizzonte di lungo periodo. Ma una selezione nella parte alta delle filiere produttive non fa tabula rasa del resto? Meglio un'innovazione aperta, reti egualitarie, una domanda pubblica qualificata. Il che richiede una presa d'atto dei bisogni sociali insoddisfatti: dunque una rivalutazione del conflitto sociale.

5 Maggio 2010
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