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REAGIRE ALLE TEMPESTE / Se dalle crisi fioriscono i santi

di Davide Rondoni

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5 Settembre 2009


N
ei periodi di crisi - e questo lo è per molti, molti motivi - c'è chi cerca di aggiustar teorie che han determinato pratiche insane o insufficienti. Ed è tutto uno sferragliare sacrosanto di cervelli, di sapienze magari prese in contropiede dagli eventi. Tutto un recuperare, un rinnovare, anche un litigare.
Beh, c'è forse un'altra cosa da fare, mentre proviamo a mettere a fuoco questo periodo e vedere come uscirne. Una cosa che riguarda una convinzione ormai generale. Questa crisi non è solo economica ma ha radici culturalie morali. Nel senso di calo di energie, di cambio, d'inadeguatezza delle energie umane e intellettive messe in campo.
E allora, oltre a guardar grafici e teorie, forse può esser utile un antico suggerimento, che oggi può suonar nuovo e provocatorio. È l'invito che spesso i cristiani si sentono fare di «guardare ogni giorno il volto dei santi». Ovvero guardare in mezzo alle prove al viso e alla storia di coloro che hanno dato prova d'energia superiore, di vita spesa per il bene, di un affronto delle crisi coraggioso e fertile. Li chiamano "santi sociali", ma le etichette in questo caso stanno strette come le camicie troppo inamidate d'un tempo. Si tratta di uomini e donne che di fronte a situazioni dure come e forse ben più della attuale trovarono una risorsa per non scoraggiarsi e per inventare varie forme di risposta e di ripresa. Ce ne sono di noti e stranoti. Come don Bosco, che negli anni di una crisi economica che penalizzava le giovanissime generazioni, prese a radunarle intorno all'ipotesi di imparare un mestiere e a convivere. Ma si pensi a un altro amico di don Bosco, meno noto, il beato Faà di Bruno. Piemontese ottocentesco (1825-1888) soldato, patriota pur se penalizzato dalla fede cattolica, inventore e matematico di prestigio (hanno il suo nome talune teorie matematiche) si diede a creare condizioni migliori per le donne che lavoravano in condizioni miserevoli e senza diritti. Per loro costruì scuole professionali e case di accoglienza. Volse interamente la sua vita a tale opera che, sfidando anche certe incomprensioni della gerarchia ecclesiastica, è cresciuta nel tempo, portandolo all'onore degli altari.
O si veda una donna, famosa in America e italianissima, Francesca Cabrini, che nel pieno di una violenta epidemia di vaiolo, nel 1872, aprì un orfanotrofio nella Bassa Lodigiana e poi el 1889 sbarcò in America con quattro consorelle per operare tra gli emigranti. In vent'anni istituì 67 fondazioni (tra ospedali e orfanotrofi e scuole) in tutta l'America del Nord e del Sud per portare assistenza e ricostruzione tra minatori, neri sfruttati, italiani e emigranti di ogni genere.
O si guardi a Sud, a Napoli, città sempre di splendori e di crisi, dove il bravissimo medico Giuseppe Moscati, uno dei primi a utilizzare l'insulina, anche in onore della madre amata morta di diabete, fu negli anni 20 primario dell'ospedale degli Incurabili,svolgendo instancabile attività verso i più abbandonati. Nel suo nome ancora oggi sono vive attività di ripresa e di riscatto per i più giovani.
O di nuovo a Nord, da Sondrio, veniva Luigi Guanella, che nella seconda metà dell'800 e agli inizi del 900, spese la sua passione per il lavoro, le erbe medicali e la passione rieducativa a favore di popolazioni che vivevano la dura condizione della montagna e poi in molte città, a Milano, a Roma, a Pavia e altrove. Costituì scuole agricole, case d'accoglienza dove anche i più colpiti nel corpo e nella mente trovavano riscatto e lavoro.
La storia sociale di Italia pullula di figure così, note e meno note. Non sono al centro delle cronache, ma della vita d'un sacco di gente che è uscita dalla crisi grazie all'incontro con queste figure e con le loro opere. La loro storia, fatta di momenti duri, d'incomprensioni da superare e di sorprese, è una delle risorse maggiori a cui guardare in questo momento. Se non lo si fa, preferendo il puro dibattito accademico, o la pura astrazione, di sicuro ci perdiamo tutti. L'uscitadallacrisi dipende anche dal sorgere di figure simili. E ce ne sono. Il loro impatto sulla ripresa dell'economia e, ancor più importante,sulla ripresa del fattore umano che è il vero motore dell'economia è vitale.
È una responsabilità dei media, della cultura e anche della politica non tacer di loro.

5 Settembre 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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