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Le nuove regole non dovrebbero puntare a stigmatizzare la Cina. Se una nazione ha un'eccedenza o un disavanzo consistente e persistente, l'Fmi dovrebbe valutare se la sua valuta è o non è disallineata rispetto alle altre. Se lo è, e se la nazione interessata non fa nulla per mettere rimedio allo squilibrio che ne consegue, si passerebbe la palla alla Wto, che potrebbe autorizzare sanzioni commerciali.
Con questo approccio, gli Stati Uniti non sarebbero al tempo stesso avvocato d'accusa, giudice e giuria. Anche altri paesi potrebbero far valere i propri interessi e la propria influenza. La Cina sarebbe coinvolta nella progettazione della struttura generale e questo rafforzerebbe la sua posizione all'interno del sistema internazionale. Le regole si applicherebbero a tutti e Pechino potrebbe fare marcia indietro senza perdere la faccia. Le resistenze a un sistema multilaterale rafforzato potrebbero suscitare diffidenza sia a Washington che a Pechino, e questo sarebbe un'ulteriore dimostrazione dell'imparzialità di questo sistema.
La Cina forse non sarebbe entusiasta: starebbe alla finestra per vedere come finisce la faccenda. Riforme di questo tipo sono già state prese in considerazione in passato e non sono approdate a niente: anche ora gli sforzi multilaterali potrebbero fallire. Un mix discontinuo, da parte americana, di unilateralismo commerciale e manifesta impotenza sembra ancor meno promettente. E soprattutto: se l'approccio multilaterale dovesse fallire, tutt'al più sarebbe una delusione; se a fallire fosse l'escalation unilaterale, i risultati potrebbero essere catastrofici.
(Traduzione di Fabio Galimberti)