«A cosa serve la libertà di stampa se tutte le tipografie sono in mano al governo?». Questa era la famosa domanda retorica dell'economista Von Mises che ancor oggi rimane la frase più efficace mai scritta a favore della proprietà privata e per spiegare il nesso tra libertà politiche ed economia di mercato. Allo stesso modo oggi potremmo chiederci a che serve essere un'autorità indipendente se poi il governo la può asfissiare.
Andiamo con ordine. Come si sa in Italia vi sono numerose autorità indipendenti che vigilano sul mercato: l'Antitrust (che ha compiti generali), la Banca d'Italia, le Authority dell'energia e del gas, quella delle comunicazioni, la Consob, la Covip, l'Isvap e altre ancora.
L'indipendenza di queste agenzie è assicurata dai criteri di nomina (che vanno dalla scelta congiunta di presidenti di Camera e Senato a selezioni fatte dal governo), dai requisiti di professionalità e di indipendenza dei componenti e soprattutto dal fatto che esse non devono rendere conto a nessuno nel processo decisionale. Applicano la legge, emanano regolamenti, conducono indagini, comminano sanzioni senza pareri preventivi o - salvo casi eccezionali - poteri di veto da parte del governo. I metodi di sostentamento sono eterogenei: si va da contributi delle imprese regolate (la cui misura è decisa dai ministeri su proposta delle agenzie o dalle agenzie stesse) a finanziamenti statali e più raramente dai proventi delle sanzioni (metodo inaccettabile che incentiva il controllore a infliggere multe sapendo di beneficiarne). È pur vero che le autorità non sono scevre da difetti: l'eccessiva discrezionalità derivante dalla veste di legislatore, ispettore e giudice allo stesso tempo, le lungaggini burocratiche e la farraginosità della loro produzione normativa.
Orbene, cosa avevano pensato alcuni deputati della maggioranza? Creiamo un unico fondo "perequativo" dove raggranellare tutti i soldi che arrivano alle Authority e dopodiché sarà il ministero dell'Economia a decidere di anno in anno come assegnarli.
Buonanotte indipendenza. A prescindere da altri effetti distorsivi, il semplice sospetto che il governo possa utilizzare la leva finanziaria per addomesticare l'operato delle Authority è assolutamente da evitare. Un paese come il nostro, che ha già una cattiva fama quanto a efficienza e imparzialità della pubblica amministrazione, operando per di più in controtendenza alle politiche che si adottano in sede di Unione europea, si autoinfliggerebbe un ulteriore danno reputazionale di cui non si sente assolutamente il bisogno.
Bersagliato dalle proteste, il governo sembra aver cambiato rotta e ha inserito nella finanziaria un articolo-ponte, in attesa di una riforma più completa, secondo il quale verrebbero assegnate le risorse alle varie autorità per tre anni e l'effetto immediato sembrerebbe essere un trattamento più favorevole per l'Antitrust e il Garante della privacy. Quest'ultimo meccanismo non è ancora chiarissimo, anche se non sembra eliminare una certa discrezionalità governativa. Però un argomento come quello delle autorità indipendenti non è da affrontare con un emendamento dell'ultimo momento in una finanziaria-monstre: meglio prendersi il tempo necessario coinvolgendo il parlamento. I politici hanno la fama di fannulloni, ma se per questa volta il governo si prende una pausa persino il ministro Brunetta sarà disposto a perdonarlo.
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