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Il bluff di Obama sul ritiro da Kabul

di Moisés Naím

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6 dicembre 2009
Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama

Quale argomento occuperà più spazio nella biografia di Barack Obama: la guerra in Afghanistan o la riforma sanitaria negli Stati Uniti? Sono due coraggiose scommesse di portata storica fatte da Obama durante il primo anno della sua presidenza. Una è già stata vinta: il sistema sanitario del suo paese sarà riformato, meno di quanto sia necessario ma molto di più di quanto i suoi predecessori siano riusciti ad ottenere. Il risultato sarà un sistema migliore di quello attuale.

Per contro, la scommessa di Obama sull'Afghanistan è molto più rischiosa e, purtroppo, presenta minori possibilità di successo. Innanzitutto, l'escalation militare in Afghanistan non può nemmeno essere qualificata come scommessa. Un alto funzionario del governo di Obama, profondamente coinvolto nel processo decisionale, mi disse: «Una scommessa è una scelta, la puoi fare o meno. Ma in questo caso il presidente non ha mai disposto dell'opzione di non aumentare la nostra presenza militare in Afghanistan. I generali non hanno mai offerto al presidente un'alternativa credibile a quella dell'invio di più truppe. Fin dall'inizio, la scalata militare è stata la loro priorità e il presidente ha finito per compiacerli».

Nonostante Obama abbia accontentato le richieste del Pentagono, lo ha fatto con reticenza e imponendo le proprie condizioni. La prima è stata quella di fissare una data per il ritiro. Nel suo discorso, Obama ha annunciato che l'escalation militare sarebbe durata fino a luglio del 2011, vale a dire solo 14 mesi dopo l'arrivo di 30mila soldati aggiuntivi. Però il giorno successivo al discorso, sia Robert Gates, il segretario alla Difesa, sia altri alti funzionari hanno "flessibilizzato" questo impegno. «Questa è la data in cui inizieremo a ridurre gradualmente le nostre truppe», ha dichiarato Gates, sottolineando che la rapidità della riduzione dipenderà dalle condizioni del momento. «Odio il concetto di exit strategy e non butteremo in mare gli afghani, abbandonandoli senza compiere la nostra missione», ha aggiunto.
Lui è consapevole di stare affrontando un nemico paziente che ragiona a lungo termine e che non può essere combattuto efficacemente da un paese che pensa al breve periodo e annuncia il proprio ritiro prima ancora di iniziare l'attacco.

Si tratta di una contraddizione difficile da risolvere: o gli americani espandono la propria permanenza militare oppure devono riconsiderare gli obiettivi della missione. Indebolire efficacemente gli insorti, impedire che Al Qaeda utilizzi il territorio del paese come base delle proprie operazioni e addestrare le forze armate afghane al mantenimento dell'ordine e della sicurezza nazionale sono tutti compiti che richiedono sicuramente un tempo superiore ai 14 mesi.

J. Alexander Thier, un esperto che ha vissuto in Afghanistan per sette anni, fa notare che nonostante il sostanziale incremento di truppe straniere e dei fondi destinati agli aiuti economici, la situazione è in continuo peggioramento. Nel 2002 sono morti in azione 69 soldati della coalizione comandata dagli Stati Uniti. Quest'anno invece le perdite sono arrivate a 485 (77 solo in agosto). Secondo i calcoli di Thier, il numero di civili afghani deceduti nel conflitto è raddoppiato ogni anno a partire dal 2002. Le bombe e gli attacchi dei terroristi suicidi che prima erano quasi inesistenti, sono ora all'ordine del giorno. La produzione di oppio è cresciuta dalle 3.400 tonnellate del 2002 fino alle 7700 del 2008, il che significa che anche i fondi disponibili per finanziare gli insorti sono aumentati drasticamente. Tutto questo dopo otto anni di presenza di una coalizione formata da 40 nazioni, e nonostante gli Stati Uniti abbiano da soli speso in questo periodo 227 miliardi di dollari cercando di stabilizzare l'Afghanistan.
Tutto il mondo è consapevole che la scalata militare contro i talebani e gli altri insorti in Afghanistan non risulterà vincente se non sarà accompagnata da una strategia efficace destinata a ricevere l'appoggio della società. Questo richiede, tra le altre cose, una miglior protezione della popolazione civile, l'aumento dell'occupazione e la riduzione della corruzione. Nulla di tutto ciò è semplice.

Una delle principali condizioni imposte dagli americani al presidente afghano Hamid Karzai è stata quella di mostrare chiaramente che si sono fatti passi avanti nella riduzione della corruzione. E non ci sono dubbi che Karzai possa fare ancor di più. Ma quanto di più? Non tanto. Da un lato, i leader corrotti che lo circondano dispongono di una forza politica e finanziaria superiore alla sua. Dall'altro lato, chi ricorda il nome di un solo paese che negli ultimi decenni sia riuscito a ridurre la corruzione? Credo nessuno.
Riassumendo: i generali hanno richiesto più truppe e Obama le ha concesse a certe condizioni. Le truppe sono arrivate, ma non verranno raggiunte le condizioni richieste. Lo leggeremo nelle memorie di Obama.

(Traduzione di Graziella Filipuzzi)

6 dicembre 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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