Il Mo.Ma se lo sono costruito in casa: alla Invatec di Roncadelle. È un dispositivo di protezione cerebrale che ora è diffuso in tutti gli ospedali. «Collaboriamo con medici dei cinque continenti - dice Roberto Ghidini, direttore del dipartimento ricerca e sviluppo della Invatec -: bussano alla nostra azienda, ci illustrano le loro necessità. Dalle loro suggestioni partono spesso i filoni di ricerca».
Il Mo.Ma è nato da un'idea che pareva visionaria del professor Gioacchino Coppi di Modena: aveva ipotizzato che si potesse creare, per evitare la procedura chirurgica, un modo meno invasivo per il trattamento della stenosi carotidea per via endovascolare. Sono passati nove anni tra l'idea e il brevetto (Invatec ne vanta 384): «La ricerca - spiega - è tecnologica e scientifica; a Roncadelle ci occupiamo di polimeri, nella sede svizzera di metalli». I cinquanta ricercatori si confrontano con istituti e ospedali di tutto il mondo: lo sguardo della Invatec non si limita al Politecnico di Milano, al Cnr di Pisa, agli atenei di Genova e Pavia, ma arriva fino a centri di ricerca di Buffalo, Rotterdam e Lipsia.
Una volta testati i prodotti della Invatec (sono principalmente cateteri e stent), sono utilizzati negli ospedali: «I nostri sistemi - afferma Massimo Morero, manager per lo sviluppo dei prodotti - sono così innovativi che è necessario procedere anche alla formazione dei medici che prima non conoscevano queste possibilità: ogni dispositivo porta un cambiamento nel concetto di trattamento della patologia interessata».
La svolta che Morero si attende nella prossima decade è legata all'ambito cardiologico: «Stiamo studiando come mettere i farmaci non più sugli stent, che restano nel corpo, ma nei palloncini che vengono poi ritratti dalla arteria danneggiata, abbassando così le possibilità di rigetto».