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È Pechino il grande burattinaio dei cambi

di Martin Wolf

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7 aprile 2010

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A proposito del quarto argomento, Jim O'Neill, capoeconomista di Goldman Sachs, ritiene che l'eccedenza cinese non sia più un fattore significativo. E vero che si è dimezzata dal 2007 come percentuale del Pil. Si tratta di sapere se il cambiamento è strutturale, oppure il risultato di misure temporanee ed eccezionali. La Banca mondiale prevede tuttora che la bilancia commerciale cinese si stabilizzerà a un livello elevato, e che le esportazioni nette daranno un contributo positivo alla crescita. E l'economia dall'espansione più rapida del mondo esporterebbe disoccupazione. Jim O'Neill ha parlato troppo in fretta.

Ne concludo che lo yuan è sottovalutato, un fatto pericoloso per la sostenibilità della ripresa globale, e che fin qui gli interventi della Cina non hanno fornito una soluzione durevole. Ne concludo anche che un riequilibrio è la condizione necessaria di una ripresa sostenibile, che al riequilibrio sono necessari cambiamenti di competitività, che una rivalutazione reale dello yuan è necessaria a cambiamenti di competitività, e che un rialzo della moneta è necessario per una reale rivalutazione, tenuto conto del desiderio dei cinesi di frenare l'inflazione.
Gli Stati Uniti hanno fatto bene a lasciare spazio alla discussione, ma le parole devono portare all'azione.

(Traduzione di Sylvie Coyaud)

7 aprile 2010
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