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La lunga via dello sviluppo sostenibile

di Marco Magrini

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7 DICEMBRE 2009

Il successo del vertice di Copenhagen non dipende tanto dal trattato che verrà, o non verrà, firmato. Dipende dal grado di concordia che 192 paesi di questo piccolo pianeta sapranno raggiungere alla prima, vera chiamata collettiva del mondo globalizzato. Qui non si discute più di confini o di sfere d'influenza. Ma dell'unica cosa che tutte le nazioni dividono in comune: l'atmosfera.
La scelta è epocale. Si tratta di sterzare il cammino della civiltà dall'energia fossile all'energia rinnovabile, e senza frenare la crescita economica. Il che, non è soltanto suggerito dal rischio - solo il rischio - che i nostri nipoti e pronipoti non ereditino quel pianeta ospitale che abbiamo ereditato noi. Lo suggerisce il rischio economico, geopolitico e anche geologico della patologica dipendenza da idrocarburi. Ma soprattutto, lo suggerisce una grandiosa opportunità: dirigere le forze del genere umano – scienza, ricerca, industria, finanza - verso la creazione di un sistema energetico sostenibile.

Il premio Nobel Richard Smalley aveva fatto la graduatoria dei dieci grandi problemi del mondo: energia, acqua, cibo, ambiente, povertà, guerre, malattie, istruzione, democrazia, sovrappopolazione. E diceva: «Se scopriamo come avere energia, pulita e abbondante, li risolviamo tutti e dieci».
Se Copenhagen sarà un successo, non lo diranno i politici, o gli ambientalisti. I veri giudici del vertice, sono quelli che devono ancora nascere.

7 DICEMBRE 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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