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LETTERE CONTEMPORANEE / Ciascuno per sé il ridicolo dell'Ue

di Giuliano Amato

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07 febbraio 2010

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Chiediamoci allora che cosa fare per sottrarci a un giudizio tanto impietoso. L'Europa non può più cullarsi nell'illusione in cui ci culliamo noi in Italia, quella delle riforme prima del cui salvifico arrivo siamo giustificati a fare poco e male, mentre solo dopo le cose potranno cambiare. L'Europa ci ha messo dieci anni a fare le riforme possibili e ora deve semplicemente metterle a frutto. Ciò che ora le serve sono solo quelle risorse che gli economisti chiamano in inglese "intangible". Servono la volontà politica, la responsabilità, il coraggio di alzare gli occhi oltre l'aia di casa e di prendere atto che altrimenti si rischia un mondo che senza neppure accorgersene farà a meno di noi.

Se queste risorse saltano fuori, non è che ci voglia molto a fare ciò di cui c'è bisogno. Uscire dal ridicolo? È il Consiglio europeo che ha nominato all'unanimità il suo presidente permanente, deve essere il Consiglio europeo a chiedere cortesemente e fermamente a ciascuno dei suoi componenti di non interferire con i compiti di chi è oggi l'unico rappresentante di tutti. Tanto più che le interferenze le si fanno non a favore dell'Europa, ma del proprio teatro domestico. Uscire dall'impotenza? Tra non molto il servizio diplomatico comune offrirà ampi spunti di politiche europee alle nuove figure istituzionali che abbiamo creato per rappresentare l'Europa nel mondo. Avranno la forza di attuarle se avranno governi alle spalle che li sosterranno, uscendo dagli attuali protagonismi nazionali. Questo è l'hic Rhodus dell'Europa. È inutile girarci intorno o consolarsi con gli errori di Obama, quando sappiamo che, se davvero li fa, non siamo in grado di farci ascoltare né per prevenirli né per correggerli.

07 febbraio 2010
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