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LEZIONI PER IL FUTURO / Dietro l'angolo i fantasmi del '31

di Gianni Toniolo

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7 maggio 2010

Un velivolo di stato fa la spola tra le capitali europee. A ogni sosta il passeggero è ricevuto dal ministro delle Finanze. Chiede una linea di credito urgente per il proprio paese. A Londra, a Parigi, a Basilea la risposta è sempre interlocutoria, sostanzialmente negativa. Non è l'aprile 2010, ma il luglio 1931. Il passeggero non è il ministro del Tesoro greco, ma il presidente della Banca centrale tedesca.
Nell'estate 1931, la Germania non era più in grado di fare fronte al pagamento degli interessi e delle rate sull'enorme debito estero. Nei due anni precedenti, i mercati avevano perso progressivamente fiducia nella capacità di Berlino di rispettare puntualmente i propri obblighi verso i creditori. La Germania, come la Grecia di oggi, era nel '31 sull'orlo della bancarotta. Per darle tempo sufficiente a ridurre la dipendenza dal debito estero senza ricorrere a politiche eccessivamente aspre dalle conseguenze sociali imprevedibili (la popolarità di Hitler era in ascesa) sarebbe stato necessario un accordo tra i principali paesi europei per sospendere le riparazioni e mettere tempestivamente insieme un adeguato sostegno finanziario d'emergenza. La Francia, che disponeva di enormi riserve valutarie, pose condizioni politiche inaccettabili a Berlino. La Gran Bretagna esitò a impegnare le proprie più esigue riserve, ritenute indispensabili alla difesa della sterlina. Gli altri paesi europei erano troppo piccoli per muoversi senza le due principali potenze finanziarie. Negli Usa, preoccupati dalla propria crisi, l'opinione pubblica non vedeva favorevolmente impegni in Europa. Si persero settimane preziose. Alla fine, priva di sostegni, la Germania limitò drasticamente l'esportazione dei capitali e sospese il rimborso di tutti i prestiti esteri.

Allora, come oggi, l'azione collettiva internazionale rispondeva anzitutto alla logica della politica interna di ogni paese, ma il ritardo fu fatale. La miopia dei creditori ebbe conseguenze enormi, non previste. Il delicato sistema sociale e politico di Weimar fu ferito a morte. La sterlina, attaccata dalla speculazione in un classico caso di contagio, fu sganciata dall'oro e svalutata. Crollò il sistema dei cambi fissi. Le banche americane persero gli ingenti capitali investiti in Germania. La Francia dovette comunque rinunciare alle riparazioni.

La storia non è mai destinata a ripetersi. L'Unione monetaria europea è costruzione solida, non paragonabile al fragile gold standard degli anni 30, anche se ancora incompleta. Per completarsi ha bisogno sia di riforme sia di cooperazione nell'emergenza. Né le une né l'altra possono realizzarsi, come ha sottolineato nuovamente in questi giorni il cancelliere Merkel, senza (né tanto meno contro) Berlino. Il resto d'Europa ha non solo bisogno, ma ha anche molto da imparare dalla Germania.

I tedeschi, per parte loro, dovrebbero aggiungere una seconda dimensione a quella lunghissima memoria storica che, a partire dal 1923 quando un pane arrivò a costare milioni di marchi, ha fatto loro sempre privilegiare il contenimento dell'inflazione rispetto a ogni altro obiettivo economico. La seconda dimensione che dovrebbero recuperare è quella del prezzo da loro stessi pagato nel '31 per il tardivo, modesto e poco convinto sostegno del resto d'Europa in uno dei momenti più difficili della storia non solo economica della Germania.

Esistevano anche allora, almeno per l'opinione pubblica francese, buoni motivi per sostenere che la Germania fosse vissuta per anni al di sopra dei propri mezzi. Ma la casa stava bruciando e l'incendio rischiava, come poi avvenne, di diffondersi alle case vicine. La virtuosa Francia non restò indenne. La virtuosa Germania di oggi dovrebbe ripescare nella propria memoria collettiva qeull'episodio tanto nero della propria storia, nel momento in cui afferma la propria centralità in ogni progetto di rilancio dell'Unione economica e monetaria del nostro continente .

7 maggio 2010
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