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LA SALUTE DELLE FINANZE / Tempi maturi per un debito sovrano Ue

di Franco Bassanini * ed Edoardo Reviglio **

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7 Ottobre 2009

Lo stato delle finanze pubbliche è preoccupante in Europa. Il debito pubblico dei paesi Ue raggiungerà il 100% nel 2014, con Francia, Germania e Regno Unito intorno al 90% (stime dell'Fmi). Nel breve periodo, sui bilanci pubblici hanno gravato il sostegno alla finanza e all'industria e la recessione. Nel medio periodo, la situazione non migliorerà. I costi del welfare, in una società che invecchia, appesantiranno la finanza pubblica. Sono possibili - ma difficili - consistenti tagli di spesa. Una ripresa dell'inflazione potrebbe ridimensionare i debiti pubblici, ma la Bce cercherà di arginarla.
Un contributo può venire dalla crescita: per ripartire con tassi significativi avrebbe bisogno di stimoli. Come in Usa, in Cina e altrove, si potrebbe far leva su progetti infrastrutturali e ambientali. Secondo la Commissione europea, per realizzare gli obiettivi del 20/20/20 e dei Tens saranno necessari 3mila miliardi (2.500 nell'energia e 500 nei trasporti). Per non parlare della ricerca, delle tlc, delle biotecnologie.
Per finanziarli, una strada, proposta un anno fa da Giulio Tremonti, è stata rilanciata dal ministro nell'Ecofin di Göteborg. Finanziare gli investimenti strategici con capitali privati (e capitali pubblici provenienti dai paesi che ne hanno in eccesso), attivando collettori di risparmio privato europeo (come la Bei, la Kfw, le Casse depositi e prestiti francese e italiana e altri investitori di lungo termine) ed emettendo nuovi strumenti finanziari (come i single project bond e gli eurobond), per attirare capitali dal resto del mondo. Bisogna indirizzare verso investimenti virtuosi il risparmio delle famiglie e sfruttare il potenziale di indebitamento europeo. L'euro è forte e il Patto di stabilità ha dato risultati importanti: è il momento di incassare questo "dividendo di credibilità" e di spenderlo per la crescita.
Tra gli strumenti che possono incontrare il favore di risparmiatori e investitori, ci sono quelli emessi o sponsorizzati dalla Supercassa europea. Le grandi banche di sviluppo europee (Bei, Kfw, Cdc, Cdp) hanno fondato una Federazione degli investitori di lungo termine e stanno per lanciare insieme un fondo equity istituzionale per finanziare grandi progetti europei nelle infrastrutture di trasporto ed energetiche, dell'ambiente e delle energie rinnovabili (il Fondo Marguerite, prototipo di un gruppo di grandi fondi europei per la crescita). Sono pronte a unire le forze sul fronte del debito e degli schemi di garanzia. Tra gli strumenti di debito i single project bond Ue, titoli emessi dai singoli progetti, ma sponsorizzati dalla Supercassa europea. Lo sponsor offrirebbe la sua reputazione e competenza tecnica per "montare" i progetti e offrirebbe una garanzia monoline al titolo, consentendogli di avere un rating AAA (con minor costo del debito e maggiore attrattiva per i risparmiatori). Per la parte dell'investimento non coperta dai project bond si farà ricorso al mercato bancario. Così i single project bond: non peserebbero sui bilanci pubblici nazionali e neanche molto sui bilanci delle Casse (solo il costo delle garanzie); favorirebbero temporalità estese, che il mercato non è disposto a garantire; sarebbero strumenti conformi al mercato, quindi ben accolti dagli operatori privati; non avrebbero effetti di spiazzamento, poiché parte del debito è lasciata al mercato bancario. Sarebbero la variante europea dei Save America project bond, previsti dal piano di rilancio di Obama.
A differenza dei projects bond, gli eurobond sono titoli di debito "sovrano" europeo. Proposti da Delors e poi da Tremonti, hanno incontrato resistenze. I debiti pubblici dei paesi europei stanno convergendo verso l'alto. Diventa più difficile presentare gli eurobond come strumento "asimmetrico", col quale i paesi più indebitati scaricano il debito sulle spalle di quelli più virtuosi. Se usati per finanziare solo investimenti strategici dell'Agenda di Lisbona, si ripagherebbero da sé (in tutto o in gran parte), non pesando sulle generazioni future.
Nel 2014, secondo le stime del Fmi, il rapporto debito pubblico/Pil dei paesi del G-20 supererà il 100 per cento. Non crescerà in modo uniforme. Nei paesi avanzati l'indebitamento sarà alto (sopra il 100%), nei paesi emergenti resterà basso (intorno al 40%). Assisteremo a grandi flussi di risparmio da paesi a basso debito a paesi ad alto debito, tanto più che i tassi di crescita dei paesi emergenti saranno tre volte superiori a quelli dei paesi avanzati. Quando la nuova borghesia cinese, indiana, russa, o brasiliana incomincerà a comprare titoli occidentali, crescerà la concorrenza tra dollaro ed euro. Cina e Giappone, che possiedono insieme il 50% del debito americano, decideranno di diversificare. Avremo, forse, un riequilibrio del risparmio e delle riserve mondiali su più monete forti. Se l'Europa giocherà bene le sue carte, dentro al G-20 non ci sarà un G-2, ma un G-3 (Usa, Cina, Europa).
I tempi sembrano maturi per un debito sovrano europeo. Che finanzi la crescita, contribuisca alla stabilizzazione del mercato globale, rafforzarzi l'unione politica e forzi l'Europa a parlare a una sola voce, nella nuova Bretton Woods. Come diceva Salvatore Pugliatti, «la proprietà obbliga»: chi ha un debito in comune è più unito, e chi possiede il tuo debito possiede anche una parte delle tue scelte.

* Franco Bassanini è presidente Cassa depositi e prestiti;
** Edoardo Reviglio è chief economist Cassa depositi e prestiti

7 Ottobre 2009
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