Con la recente riedizione di Quelli che... (Baldini Castoldi Dalai, 2009), è tornato in libreria il grande Beppe Viola. Un pezzo unico che manca da 27 anni, un concentrato di talento e lievità che serve a misurare la caduta di eleganza dei tempi nostri e a giustificare qualche nostalgia. Quelli che è una raccolta di humour e vita vissuta buttata giù a tempo perso tra un servizio per la Domenica Sportiva, una canzone per Jannacci, un testo per gli amici del Derby, senza perdere un colpo sul fronte bacco-tabacco-venere né su quello delle corse, nel senso delle scommesse sui cavalli. Roba di trenta e passa anni fa. Che sin dalle prime righe sbalordisce per la freschezza in rapporto alla longevità, come accade a certi vecchi baroli di grande annata.
Un gioiello. Ma anche un problema. Perché se in valigia s'infila un Beppe Viola, il resto dovrà essere grosso modo all'altezza. E non credo sia uno scherzo ritrovare, per esempio, il Bar Sport di Stefano Benni (Feltrinelli, 1997), che risale nientemeno al 1976. Poi, certo, arriva il momento di misurarsi con il gigante della letteratura sportiva nostrana, Gioanbrerafucarlo, e con la sua Storia critica del calcio italiano (Baldini Castoldi Dalai, 1998). Di Brera, direbbe il suo allievo prediletto Gianni Mura (La fiamma rossa. Storie e strade dei miei tour, Minimum Fax, 2008) non si butta via niente, né romanzi, né saggi, né antologie. Ma tanto vale cominciare da un compendio imperdibile della storia del nostro calcio.
Dopodiché, sotto con la scuola latino-americana. Osvaldo Soriano, innanzitutto, con il suo Futbol. Storie di calcio (Einaudi, 2006), seguito da Il sogno di Futbolandia, (Mondadori, 2004), di Jorge Valdano, grande calciatore, poi allenatore, oggi di nuovo manager al Real, scrittore di razza, così, giusto per non farsi mancare niente. Ci sarebbero poi Galeano, Marías, persino Montalbán, ma un pizzico di sciovinismo ogni tanto non guasta. E allora Cesare Fiumi e le sue Storie esemplari di piccoli eroi (Feltrinelli, 1996), Emanuela Audisio con i Bambini infiniti (Mondadori, 2003), e Nando Dalla Chiesa con La farfalla granata. La meravigliosa e malinconica storia di Gigi Meroni il calciatore artista (Limina, 1995), una struggente riscoperta del mio idolo di gioventù, Gigi Meroni.
Siamo più o meno sempre tra pallone e dintorni, per via che la lingua batte dove ben sapete. Ragion di più per chiudere la rassegna con uno che il calcio lo detesta e un altro che nemmeno sa bene cosa sia. Il primo è Gianni Clerici, che pure al pallone fu iniziato nientemeno che da Brera. Tra i tanti suoi titoli scelgo I gesti bianchi (Baldini Castoldi Dalai, 1995), affresco di un'epoca in cui il tennis era davvero un'arte nobile e raffinata, non ancora il wrestling dei giorni nostri. Il secondo un fenomeno, nel senso più pieno del termine, della nostra epoca come Walter Bonatti. Non il suo titolo più recente, K2 la verità (Baldini Castoldi Dalai, 2007), che pure ha rappresentato per lui la fine di un incubo durato oltre mezzo secolo, ma Montagne di una vita (Baldini Castoldi Dalai, 2008). Una lettura imperdibile per chi abbia provato a sognare, anche una volta soltanto, di poter andare oltre se stesso.