La profezia è stata, circa un anno fa, di un protagonista del mondo finanziario: «Antoine Bernheim lascerà la presidenza delle Generali alla scadenza del mandato e con tutti gli onori», diceva in riservata sede smentendo le indiscrezioni su terremoti imminenti al vertice della compagnia triestina. E aggiungeva: «Se ne andrà tra squilli di tromba e fanfare, con tanto di tappeto rosso per accompagnarlo verso l'uscita». In effetti Bernheim ha superato senza troppi problemi ogni imboscata o presunta tale. Ma la scadenza della primavera prossima si avvicina e gli oltre 80 anni di età giocano contro. Di sicuro, la successione alla presidenza delle Generali resta uno degli argomenti più chiacchierati.
Intanto l'anziano presidente, temprato alla scuola degli André Meyer, il padre padrone della banca d'affari Lazard dal dopoguerra in poi, e degli Enrico Cuccia di Mediobanca, si gode le vacanze estive confermando l'antica passione per il bridge. E da giocatore di carte appassionato giocherà l'ultima mano, senza escludere bluff a ripetizione e perfino il colpo di scena finale. La volata sarà lunga, con partenza al rientro dalle vacanze estive e arrivo all'assemblea annuale di primavera. Una prima domanda è giustificata. L'assetto azionario di comando delle Generali va considerato immodificabile? La risposta è negativa, anche se la strada del cambiamento è tutta in salita. Attualmente l'architettura societaria vede le Generali che hanno come azionista di riferimento Mediobanca che, a sua volta, ha un azionariato numeroso e un po' barocco.
D'altra parte le Generali sono la regina della finanza italiana e la schiera dei manager che hanno sognato l'autonomia di Trieste è piuttosto numerosa: dal capostipite Cesare Merzagora al suo allievo Alfonso Desiata. Altrettanto certo è che, mentre in passato Mediobanca regnava indisturbata, oggi hanno acquistato peso altri azionisti importanti, pronti a fare la loro parte. Spicca Francesco Gaetano Caltagirone, che nei mesi della crisi drammatica dei mercati azionari ha continuato a comprare titoli Generali, arrivando a quota 2 per cento. È facile prevedere che Caltagirone, entrato nel consiglio d'amministrazione, avrà voce in capitolo e lo farà contando su un consigliere d'eccezione: Pellegrino Capaldo, l'ex presidente della Banca di Roma, che preferisce ruoli defilati ma rappresenta un vero crocevia di rapporti. Non solo. Altri azionisti delle Generali si faranno sentire, dal gruppo De Agostini all'imprenditore Leonardo Del Vecchio di Luxottica.
In cabina di regia, come d'abitudine, c'è il presidente di Mediobanca, Cesare Geronzi. Da tempo dicono di lui che non gli dispiacerebbe chiudere in bellezza la carriera di lungo corso alla guida della compagnia triestina. Ma, ovviamente, molto dipende dall'evoluzione dei rapporti tra Mediobanca e la stessa Generali. Un suo punto di forza sono le relazioni con gli azionisti francesi dell'istituto, che hanno come capofila il finanziere Vincent Bolloré e come portavoce l'imprenditore franco-tunisino Tarak Ben Ammar. Il primo resta saldamente legato al presidente francese Nicolas Sarkozy, mentre il secondo mantiene relazioni ravvicinate con Silvio Berlusconi.
La partita delle Generali si gioca sulla presidenza ma, a cascata, riguarderà la conferma degli amministratori delegati: Giovanni Perissinotto e Sergio Balbinot. Nell'attesa di vedere come finirà, il consiglio è di tenere d'occhio almeno un altro manager ambizioso e bipartisan: Mario Greco, responsabile mondiale del settore vita della compagnia Zurich.
fabio.tamburini@ilsole24ore.com