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È poco plausibile che possa presto approdare sui nostri teleschermi il format adottato nel 1858, nel quale Abramo Lincoln e Stephen Douglas ricevettero entrambi un'ora per divulgare le loro opinioni, a cui seguì mezz'ora per ribattere alle domande, in sette diversi incontri che si svolsero in tutto l'Illinois. Il che non vuol dire che il contenuto non abbia il suo peso. È opinione comune che il primo vero faccia a faccia televisivo di sempre fu quello in cui l'ombra delle cascanti guance non rasate di fresco di Nixon, il suo rivoletto di sudore e lo stropicciato abito grigio lo fecero sprofondare a vantaggio di un giovanotto abbronzato ed elegante. La verità è che John Kennedy sconfisse l'avversario prendendolo in contropiede sulla destra dei combattimenti della Guerra Fredda, ricordando Lincoln per ingigantire un conflitto tra mondo libero e mondo schiavo, per poi concludere che sarebbe stato un presidente democratico e non un repubblicano a rendere più potenti gli Usa come avversari dell'Urss. Nixon fu costretto a indietreggiare e a vantarsi in modo poco tempestivo della costruzione di scuole e ospedali, senza riuscire a riguadagnare il terreno perduto nei confronti di Kennedy che utilizzava lo stimolante suono della retorica patriottica.
Kennedy e Nixon ebbero otto minuti per illustrare le loro posizioni e due minuti e mezzo per rispondere ai giornalisti. La regola dell'unico minuto a disposizione previsto dall'imminente faccia a faccia britannico appare inadeguata per l'importanza dell'avvenimento. Tutt'e tre i capi di partito sono oratori formidabili, e ciascuno possiede un modo particolare di aggiudicarsi i punti, tanto che l'esito del dibattito è imprevedibile. Il faccia a faccia non sarà affatto un Question Time, dentro o fuori Westminster. È certo che se l'esperienza degli Usa ci può insegnare qualcosa è che i dibattiti televisivi saranno di grande importanza per gli elettori, che si sintonizzeranno non soltanto per gustare una cocente sconfitta verbale, ma anche per valutare i loro leader in un periodo di gravi e inesorabili guai per il popolo britannico.
(Traduzione di Anna Bissanti)