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STRATEGIE DI RILANCIO / Cinque condizioni per ripartire

di Renato Brunetta

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8 dicembre 2009

L' idea che i problemi dell'economia italiana possano affrontarsi in un dibattito senza senso tra rigore e sviluppo è tanto fuorviante quanto era insensato, all'incirca un anno fa al deflagrare della crisi finanziaria - contrapporre lo stato al mercato. In realtà i mercati continuano a funzionare e i risultati dipendono dai comportamenti degli attori (stati, istituzioni e imprese).

Come è noto, il segreto di ogni buon giocatore è avere una visione attenta del campo di gioco e non guardare soltanto davanti al proprio naso. Il segreto è avere una visione strategica. Fuor di metafora, è bene non attardarsi a cogliere segni di successo o di sconfitta, di crisi o di ripresa nell'ultima variazione decimale congiunturale degli indicatori economici. Più utile è cercare di capire le tendenze complessive in atto, e queste ci dicono che la ripresa mondiale è iniziata prima di quanto previsto nella fase del panico diffuso.

Dopo tanto parlare, i mercati funzionano nel bene e nel male come prima, non è neppure una sorpresa che l'enorme ampliarsi dei deficit pubblici e della liquidità immessa nei mercati abbia avuto effetto prima, e in modo più rilevante, non sull'economia reale ma sui mercati finanziari, dando luogo, ancora in piena crisi economica globale, a una rapida risalita dei valori azionari. In fondo era questo l'obiettivo in piena crisi finanziaria. Anche se nuove bolle speculative si formano facilmente quando la liquidità non trova sbocchi sufficienti nella crescita delle attività produttive.

D'altra parte,la definizione di una exit strategy globale dalla crisi, che significa definire tempi e modi di riassorbimento dei deficit pubblici e della massa monetaria creata, è un problema non risolto e che toglie il sonno a tutti i governi e a tutte le banche centrali. Grosso modo vi sono solo due strade: una è rappresentata da una crescita molto rapida delle economie e l'altra è quella inflazionistica, che da una parte allevia il peso dei debitori (a partire dagli stati) e dall'altra scarica sui prezzi il riassorbimento dell'espansione monetaria. La scommessa dei governi è naturalmente riuscire a seguire il più possibile la prima strada. Tuttavia, la crescita non avviene per decreto.

È bene prepararsi ad entrambe le prospettive, anche perché un'eventuale crescita impetuosa delle economie riproporrà le tensioni già conosciute sui mercati delle materie prime. Non stiamo descrivendo la situazione italiana ma un quadro realistico dell'economia mondiale, di cui l'Italia deve però tener conto con molta attenzione. Il nostro paese ha subìto la crisi mondiale in modo più pesante di altri a causa del collasso del commercio internazionale, essendo con la Germania il principale esportatore europeo di beni.

È possibile, e anche probabile, che simmetricamente sia tra i paesi che, con la ripresa degli scambi mondiali, possono recuperare più rapidamente parte della caduta dell'attività produttiva. Ma non sarà affatto un risultato automatico della ripresa mondiale, e non solo per un problema di isteresi. La verità è che il mondo post-crisi è ormai diverso, se non altro perché i paesi che trainano la ripresa non sono gli stessi di prima e quindi diversa sarà la composizione della domanda e dell'offerta mondiale. E anche perché le economie non sono più fatte di manifatturiero rivolto all'esportazione e di servizi rivolti al mercato interno, ma questi ultimi sono diventati altresì una componente crescente degli scambi internazionali.

Ma allora che cosa deve fare il governo italiano? Non è compito suo indicare alle imprese che cosa produrre e come competere nei mercati, ed è bene che la cosiddetta politica industriale non sia distorsiva. Quello che deve fare è invece creare le condizioni favorevoli per la competizione e per la crescita: innanzitutto assicurare la sicurezza e la legalità in tutto il paese; quindi garantire la stabilità sociale e, pertanto, la sicurezza sociale e un welfare funzionante. Si tratta di due condizioni di base per attrarre e far crescere attività economiche.

La terza condizione risiede nelle infrastrutture necessarie all'economia moderna: infrastrutture fisiche e di comunicazione di base, a partire dalle reti informatiche di nuova generazione. La quarta condizione risiede nello sviluppo della dotazione di capitale umano ( università e ricerca) necessario all'innovazione e agli investimenti in nuove tecnologie. Infine, il governo è attore diretto, cioè imprenditore, del settore della Pubblica amministrazione che intermedia circa un quinto del Pil nazionale e che produce parte importante dei servizi consumati dalle famiglie e dalle imprese, il cui compito deve essere offrire prodotti di qualità a prezzi competitivi.
Il soddisfacimento di alcune di queste condizioni richiede una spesa, ma la maggior parte di esse richiede l'attuazione di riforme senza costi aggiuntivi, se non per le corporazioni che si oppongono. Le risorse aggiuntive devono e possono essere trovate ricomponendo con uno studio attento l'utilizzo delle risorse disponibili e non ricorrendo a un deficit aggiuntivo. Il motivo deriva da quanto fin qui detto. Non crediamo che il problema sia quello di sostenere la domanda interna, ma invece quello di migliorare le condizioni d'offerta nel nuovo assetto economico globale con uno sguardo attento al quadro macroeconomico esterno.

  CONTINUA ...»

8 dicembre 2009
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