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Rating e hedge falsi bersagli

di Roberto Perotti

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08 Maggio 2010

In questi giorni di turbolenza dei mercati, politici e gran parte dei media si sono lanciati contro i soliti colpevoli: agenzie di rating e speculatori. Mai come ora questi bersagli sono errati. Le agenzie di rating hanno indubbiamente fallito in modo spettacolare durante la crisi finanziaria, ma a lungo andare le loro decisioni sui paesi sovrani (diverso è il caso di strumenti finanziari quali i Cdo) sono quasi irrilevanti per i mercati: le informazioni necessarie per farsi un'idea sono accessibili a chiunque abbia una connessione internet (eccetto ovviamente quando un paese trucchi i conti). I politici accusano Moody's di avere scatenato i ribassisti con il rapporto sulle banche dell'Europa meridionale: davvero pensano che migliaia di analisti di tutto il mondo aspettassero questo report per essere preoccupati per le banche europee? Tanto più che esso, a leggerlo bene, era perfettamente sensato: per restare a casa nostra, il sistema bancario italiano è fondamentalmente stabile, ma se (ed è ovviamente un grosso se) il contagio sui titoli pubblici si dovesse estendere all'Italia, le banche italiane ne risentiranno pesantemente, perché posseggono più titoli pubblici italiani, perché la crescita diminuirà, e perché il disavanzo pubblico salirà.

Solo i politici europei potevano proporre seriamente come soluzione un'agenzia di rating europea, finanziata dall'Unione europea; quale credibilità può avere nel valutare i titoli di stato dei paesi Ue?
Il secondo capro espiatorio sono gli speculatori. Politici, commentatori, e persino Ceo di alcune aziende non lesinano aggettivi: «incredibile», «ingiustificabile», «inaccettabile», «immorale». Secondo El País, addirittura i servizi segreti spagnoli starebbero investigando gli attacchi degli investitori e dei «media anglosassoni». In un rigurgito di internazionalismo, l'autorità francese di controllo dei mercati finanziari ha appena annunciato un'inchiesta sulla diffusione di notizie «infondate» sul debito pubblico di Spagna e Italia. Chi stabilisce l'infondatezza o meno delle notizie? Basta fare due calcoli per capire che il debito pubblico spagnolo e italiano è più rischioso di quello tedesco, il che non significa che il default sia dietro l'angolo.
Politici, media, e purtroppo molti operatori di mercato dimenticano anche che i prezzi degli assets possono scendere senza che nessuno speculi al ribasso, semplicemente perché in molti decidono di vendere. Ogni volta che il mercato scende, c'è chi afferma con sicurezza che «ancora una volta gli hedge funds cavalcano la speculazione» (ma dove prendono i dati sulle operazioni degli hedge, quando le loro strategie sono segretissime?) Questa affermazione riflette il luogo comune secondo cui gli hedge per vocazione speculano al ribasso, ed è profondamente errata: la grande maggioranza di essi comprano e tengono azioni. È possibile tuttavia che in questi giorni qualcuno abbia cominciato a ribilanciare il proprio portafoglio, sia per normali scelte di gestione, sia perché costretto dalle regole interne del fondo in presenza di forti ribassi, sia per far fronte a qualche liquidazione. Forse i politici vogliono proibire anche tutto questo, o lo ritengono immorale o cospiratorio?
Questi ultimi giorni hanno anche probabilmente emesso il verdetto finale sulla Grecia. Il 20 aprile, più o meno quando si cominciò a parlare del nuovo pacchetto di aiuti da 110 miliardi, i tassi sui titoli di stato greci a due e dieci anni erano il 7,3% e il 7,88%; giovedì hanno toccato il 16,36% e l'11,31%, rispettivamente. Assumendo una stima conservativa di un aumento medio del 6%, su un debito totale di circa 300 miliardi questo significa un aumento della spesa per interessi di quasi 20 miliardi all'anno. Più della metà del pacchetto di aiuti se ne è dunque andato in pochi giorni solo per la maggiore spesa per interessi, e un default è ora quasi inevitabile.
roberto.perotti@unibocconi.it

08 Maggio 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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