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Sempre aperto il cantiere della riforma

di Carlo Dell'Aringa

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8 marzo 2010

Le polemiche di questi giorni sul contenuto del collegato lavoro hanno riguardato temi importanti, come la riforma dell'apprendistato, il rinvio della riforma degli ammortizzatori e, "last but not least", la questione dell'arbitrato e le ripercussioni sull'applicazione dell'articolo 18 dello Statuto.
Nessuna discussione e nessuna contrapposizione sono invece emerse in relazione ai contenuti del provvedimento che riguardano il pubblico impiego. Eppure a questo tema è dedicata più della metà degli articoli della nuova legge. Ricompare così quell'atteggiamento "quasi bi-partisan" che aveva accompagnato la preparazione e l'approvazione della riforma del ministro Brunetta.
Sul terreno del pubblico impiego sembrano più facili le convergenze delle diverse forze politiche: il bisogno di riformare la pubblica amministrazione è talmente sentito come cruciale dall'opinione pubblica che nessuno ha il coraggio di opporsi a interventi che si propongono di aumentare efficienza e trasparenza. Eppure un commento, sia pur di carattere generale, può essere utile, per questi 26 articoli che si aggiungono alla montagna di norme che già regolano il pubblico impiego.

Ciò che impressiona è proprio questo: l'attività di riforma procede attraverso la continua produzione di norme. Poco importa , da questo punto di vista, che alle norme di carattere contrattuale (di tipo privatistico) subentrino norme di legge.

I sindacati avevano già accusato il Governo di sottrarre alla contrattazione collettiva e al confronto coi sindacati, buona parte degli spazi (probabilmente eccessivi) che la contrattazione aveva occupato a partire dal 1993, l'anno della cosiddetta "privatizzazione" del rapporto di lavoro. Ora si vuole spostare la materia almeno in parte, sotto lo scudo della legge.

Però sempre di norme si tratta e non tutte facili da leggere e capire, soprattutto da parte di coloro che non sono addentro agli specifici problemi toccati dalla legge. I temi trattati sono i più disparati: vanno da quelli specifici di alcuni comparti, come l'università (cinque articoli), oppure le forze armate (altri cinque articoli), a quelli di carattere generale che dovrebbero riguardare tutti il personale, come l'orario di lavoro, i permessi, la mobilità, il tempo parziale, le aspettative. Non mancano infine provvedimenti del tutto marginali, almeno all'apparenza, come quello che estende la disciplina degli aeromobili al naviglio di Stato.

Alcune di queste norme fanno capire che la riforma approvata qualche mese fa sia ancora "un cantiere aperto" e che richiede ancora una serie di interventi di perfezionamento e di completamento. È questo il caso di quelle misure destinate a tenere sotto controllo le assenze e l'assenteismo. Vanno in questa direzione la delega per il riordino dei congedi, aspettative e permessi , il lungo articolato finalizzato al monitoraggio e al controllo dei permessi per la assistenza dei portatori di handicap, il lungo elenco delle sanzioni per la violazione delle norme sull'orario di lavoro, eccetera eccetera.

Non si può negare che sul fronte della lotta all'assenteismo qualche successo sia stato raggiunto e si può solo sperare che questa nuova batteria di norme e (e di quelle che vengono annunciate) sia in grado di dare un ulteriore impulso a questa "santa crociata" del Ministro della Funzione Pubblica.
Ma il cittadino vorrebbe vedere un po' meno norme (per lui spesso incomprensibili) e un po' più risultati concreti, in termini di minor burocrazia e migliore qualità de servizi. Serpeggia invece il dubbio che nella giusta battaglia verso la semplificazione, si corra il rischio di produrre più norme di quelle che vengono abolite. Più probabilmente si tratta di normale manutenzione dell'esistente. L'esistente, però, è uno "stock" di leggi che per quanto enorme non potrà mai convincerci che esso da solo basti per farci avere una pubblica amministrazione efficiente.

8 marzo 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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