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Silvio Berlusconi, il giorno più lungo

di Stefano Folli

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8 Ottobre 2009
Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (a sinistra) e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Ansa/Claudio Peri)
IL PUNTO
di Stefano Folli

Ora è il momento dei nervi saldi. È chiaro che la sentenza della Corte costituzionale sul "lodo Alfano", nella sua sorprendente nettezza, può avere effetti destabilizzanti sulla politica e sulla legislatura. Ma chi ha davvero interesse a scendere lungo questo precipizio? In teoria non molti, a meno che la situazione non sfugga di mano. E purtroppo ieri sera abbiamo avuto qualche segnale inquietante in tal senso. L'improvviso attacco di Silvio Berlusconi al presidente della Repubblica segnala il rischio del conflitto istituzionale. Come se certi fragili equilibri nei palazzi romani fossero sul punto di saltare. Se così fosse, le conseguenze sarebbero molto gravi. Tanto più che il Quirinale svolge da più di un anno, da quando il centrodestra ha vinto le elezioni, un'opera di moderazione assai preziosa, che gli ha attirato non a caso gli strali di Di Pietro, ma che è più volte tornata utile al governo.
Anche per questo è difficile oggi essere ottimisti. L'immediato interesse del paese richiede ai diversi soggetti politici e istituzionali la capacità di agire per tenere sotto controllo la situazione. La maggioranza, che in Parlamento è vasta e pressoché intatta, ha diritto di attuare il suo programma e di governare. Lo hanno detto in modo esplicito i due maggiori alleati del premier, ossia Bossi e Fini. Il che significa che non esiste sul piano politico l'ipotesi di elezioni anticipate. Non le vuole in realtà quasi nessuno, tranne l'Italia dei Valori e qualche esponente intransigente del Pdl, convinto a torto che un appello plebiscitario agli italiani offrirebbe al presidente del Consiglio il modo di uscire dalle sue difficoltà. Lo stesso Partito Democratico, preoccupato di se stesso e del proprio futuro, è l'immagine della prudenza.
Del resto, la lunga stagione berlusconiana è lì a dimostrare che i suoi momenti migliori il presidente del Consiglio li ha avuti quando è riuscito a essere uomo delle istituzioni. Come quando ha risolto il problema della spazzatura a Napoli o si è precipitato in Abruzzo, dopo il terremoto, per avviare con successo la ricostruzione. Oggi, certo, il quadro è cambiato. Berlusconi è di fronte al passaggio più critico della sua vita politica. La cancellazione del lodo Alfano lo riporta nelle aule giudiziarie come imputato. Può darsi che i suoi collaboratori riescano a escogitare un espediente per limitare i danni processuali, ma al momento non si capisce quale possa essere.
È evidente quindi che abbiamo di fronte un uomo ferito. Il presidente del Consiglio che ieri sera, avendo ricevuto la solidarietà dei suoi ministri, garantiva l'intenzione di andare avanti, sa bene che la sua condizione è cambiata.
La tempra del combattente questa volta potrebbe non essere sufficiente. Tanto più se egli non dispone – come si è detto – dell'arma assoluta da usare nei momenti di difficoltà: appunto il ricorso alle elezioni anticipate. Questo strumento oggi non è nelle mani di Berlusconi. Sia per ragioni istituzionali, trattandosi di una prerogativa del capo dello Stato. Sia per ragioni politiche, visto che Bossi e Fini non lo seguono. Peraltro, elezioni concepite e condotte contro la Consulta, la magistratura e magari il Quirinale avrebbero quelle conseguenze devastanti sul tessuto civile del paese che quasi tutti vogliono evitare.
Resta solo una strada: il realismo. La volontà di ridurre le tensioni, anziché esasperarle. La ricerca paziente di un profilo di governo adatto alla situazione economica e sociale del paese. La coalizione di centrodestra è senza dubbio ancora maggioritaria nell'opinione pubblica. Ma non può rinunciare a offrire di sé un'impressione di forza tranquilla. Proprio ciò che è venuto meno in questi giorni.
Senza l'immunità e con i processi aperti, la strada di Berlusconi si fa impervia. Ma non ci sono alternative immediate. Spetterà poi al presidente del Consiglio decidere in futuro se si sente ancora in grado di governare con serenità l'Italia. Sulla carta esiste una maggioranza di centrodestra che ormai può sopravvivere anche al suo leader carismatico. Un centro-destra nel dopo-Berlusconi. Ma non è questione all'ordine del giorno. Ora è più importante tenere i nervi saldi ed evitare il danno estremo: la contrapposizione fra istituzioni democratiche e popolo.

8 Ottobre 2009
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