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LETTERE CONTEMPORANEE / Obama, la forza di un leader e la ricerca del consenso

di Giuliano Amato

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9 agosto 2009

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Con una tale batteria di argomenti contro una coalizione di grandi interessi è teoricamente possibile riproporre uno schema tradizionalmente vincente nella storia americana, quello della tutela del piccolo uomo medio contro i grandi baroni, che a fine 800 consentì allo Sherman Act, la legge antitrust, di passare addirittura con consenso bipartisan. Ma con l'enorme dilatazione nel frattempo intervenuta nei media e con la quantità delle risorse necessarie per utilizzarli su larga scala a favore delle proprie tesi, è ancora possibile a chi pure governi di prevalere contro i "grandi baroni" di oggi? E se non ci riesce, se i suoi parlamentari alla fine gli dicono «mi dispiace, ma i miei elettori non mi seguirebbero», chi ha vinto? La democrazia diretta o la democrazia etero-diretta?

Io mi auguro che Obama ce la faccia, come ce la fece il senatore Sherman. Ma intanto le lezioni da trarre sono tre. La prima è che per vincere dovrà unire in una sola strategia le due arti indicate da Riotta, quella del propagandista delle idee e quella dello scalpellino del consenso. La seconda è che le due arti vanno oggi esercitate in un contesto segnato dall'uso ambivalente dei media. Li vorremmo ancora come quarto potere, rischiamo di trovarceli invece o come potere più forte del governo, o all'opposto, nella diversa situazione di altri paesi, come potere strumentale allo stesso governo, in grado di amplificarne a dismisura la presa sui cittadini.
La terza riguarda appunto i cittadini. Dobbiamo lavorare sui modi - e ci sono - perché nel quarto potere siano davvero le loro preferenze ad emergere e non l'illusione, chiunque la costruisca, che chi decide ha dato retta a loro.

9 agosto 2009
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