Povera Hillary, da quando Obama l'ha sconfitta alle primarie non gliene va bene una. Certo, è il segretario di stato, ma il discorso più importante di politica estera americana l'ha fatto il Presidente al Cairo parlando al mondo musulmano. Le guerre in Iraq e in Afghanistan sono gestite dal segretario alla Difesa Bob Gates, un repubblicano molto abile che si sta conquistando stima generalizzata.
Finalmente - pur sempre dopo un primo viaggio del suo boss - Hillary ha l'occasione di uno spazio tutto per sé con il suo tour africano, e chi le ruba la scena? Quel diavolo del marito, Bill, che sbarca in Corea del Nord, si fa riprendere con il dittatore Kim in una foto degna di un film di Mel Brooks e se ne torna a casa con due giornaliste americane imprigionate dal regime comunista.
La Mano visibile è però generosa e vuole plaudire a ciò che la signora Rodham Clinton ha detto durante la sua visita. Infatti, contravvenendo alle usuali litanie politicamente corrette che si odono in Europa sulla necessità di aiutare con sempre più soldi il Continente nero, Hillary ha sentenziato: «L'assenza d'istituzioni democratiche efficienti ha permesso l'attuale corruzione, impunità, violenza politicamente motivata, abusi dei diritti umani a una mancanza di rispetto per la legge». Barack Obama, durante la sua visita in Ghana, aveva espresso concetti simili: «Nessun paese potrà creare ricchezza se i suoi leader sfruttano l'economia per arricchirsi o se la polizia può essere comprata... Nessuno vuole vivere in un società in cui l'imperio della legge cede il passo all'imperio della brutalità e della corruzione».
Insomma, questi due politici liberal hanno ricordato che non sono i sussidi ai paesi africani che li toglieranno dalla povertà, ma una profonda riforma delle loro istituzioni e sistemi economici. Se negli ultimi 50 anni circa 2.300 miliardi di dollari sono stati donati dai governi occidentali ai paesi sottosviluppati, di cui almeno 600 all'Africa, qual è la ragione della trappola di povertà in cui ancora si trova questo continente? È abbastanza semplice: tirannia e dirigismo locale nonché protezionismo occidentale.
Quest'ultimo è una piaga: se le nazioni ricche togliessero le barriere doganali che impediscono sia il flusso di merci africane verso il resto del mondo sia una politica di investimenti del settore privato (gli imprenditori non intraprendono se sanno che i loro prodotti non potranno essere esportati a causa di alte tariffe) il miglioramento delle condizioni di vita sarebbe immediato e senza alcuna intermediazione delle corrotte classi politiche locali.
Perché i governi occidentali non lo fanno? Per i politici è più comodo proteggere le loro lobby organizzate (gli agricoltori, ad esempio) e distribuire i soldi dei contribuenti creando burocrazie, clientele e vincoli di riconoscenza (da parte delle Ong che prendono finanziamenti pubblici) e favorendo all'estero i propri amichetti preferiti (che magari, in cambio, gli faranno qualche bel regalo).
Controprova? I tre stati africani con l'indice più alto di libertà economica, le isole Mauritius, il Botswana e il Sudafrica, sono democrazie e stati di diritto relativamente stabili, hanno un reddito 5/6 volte superiore a quello del resto dell'Africa nera, una media di crescita degli ultimi anni del 4-5% e, secondo le statistiche della Banca Mondiale, scarsissimi aiuti esteri. Salvo che a Bob Geldof e Bono, questi concetti dovrebbero essere comprensibili a tutti…
adenicola@adamsmith.it