Non è facile che una norma in materia di giustizia riesca a mettere d'accordo maggioranza e opposizione. Ma soprattutto a presentarsi all'opinione pubblica, a poco tempo dal suo debutto, con un successo di peso. Pesante 700 milioni di euro, per la precisione. Tanti ne sono stati sequestrati ieri al clan camorristico dei Casalesi nell'ambito di una complessa operazione di polizia che, secondo gli inquirenti, potrebbe portare il bilancio finale a 2 miliardi. Un risultato reso possibile da una disposizione contenuta nel pacchetto sicurezza approvato dal governo nell'estate del 2008. Da due anni, ma questa è senz'altro la prima applicazione della misura su così larga scala, è possibile mettere sotto chiave il patrimonio comunque ricollegabile a esponenti della criminalità organizzata. Indipendentemente dal requisito dell'attualità della pericolosità. I beni, cioè, possono essere prima sequestrati e poi confiscati anche se il criminale che ne disponeva è ormai morto e il patrimonio trasmesso agli eredi. Una prova ulteriore che, nel contrasto alla criminalità organizzata, le logiche di schieramento non devono poter contare.