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Che fare, allora? Il professor Sand non ce lo dice, e a sua difesa dovremmo ammettere che il problema potrebbe di fatto non avere soluzione. Presumo che sia favorevole alla soluzione di uno stato unico, se non altro perché questa sarebbe la conclusione logica delle sue tesi. Anch'io sarei favorevole a una soluzione di questo tipo, se non fossi così sicuro che entrambe le parti in causa le sono di fatto accanitamente e vigorosamente contrarie. Una soluzione che preveda due stati, invece, potrebbe essere tuttora il compromesso migliore, anche se lascerebbe Israele intatto nelle proprie etno-delusioni. Alla luce soprattutto degli sviluppi degli ultimi due anni, è tuttavia difficile essere ottimisti sulle prospettive di una soluzione di questo tipo.
È mia intenzione, pertanto, concentrarmi su un altro punto. Se gli ebrei d'Europa o del Nord America prendessero le distanze da Israele (come molti per altro hanno già iniziato a fare), l'affermazione che «Israele è il loro stato» assumerebbe un risvolto irrazionale. Col tempo, perfino Washington potrebbe arrivare a comprendere quanto sia inconsistente collegare la politica estera americana alle delusioni di un piccolo stato mediorientale, e io credo che questa potrebbe essere la cosa migliore che possa accadere a Israele, che sarebbe così obbligato a prendere atto dei propri limiti e a farsi altri amici, preferibilmente tra gli stati confinanti.
Possiamo pertanto auspicare che col tempo Israele possa instaurare una distinzione naturale tra coloro che per volere del destino sono ebrei ma sono cittadini di altri paesi; e coloro che sono cittadini d'Israele e per volere del destino sono ebrei.
Tutto ciò potrebbe rivelarsi molto utile. I precedenti non mancano: le diaspore di greci, armeni, ucraini e irlandesi hanno tutte rivestito un ruolo poco benefico nel perpetuare l'esclusivismo etnico e il pregiudizio nazionalista nei paesi dei loro antenati. La guerra civile in Irlanda del Nord è finita almeno in parte perché un presidente americano ha imposto alla comunità di emigrati irlandesi negli Usa di smettere di inviare armi e contanti al Provisional Ira. Se gli ebrei americani smettessero di associare il proprio destino a Israele e usassero i loro assegni di beneficenza per scopi migliori, qualcosa di simile potrebbe accadere anche in Medio Oriente.
L'autore è professore all'Università di New York e direttore del Remarque Institute
(Traduzione di Anna Bissanti)