Sono apparse a Torino scritte minacciose contro il direttore del quotidiano La Stampa Mario Calabresi. Tratti in arresto, i colpevoli hanno confessato di essere stati pagati per i graffiti che invocano per Calabresi la stessa sorte del padre, il commissario Luigi, medaglia d'oro, ucciso da un commando di Lotta Continua nel 1972. Non sappiamo ancora chi siano i mandanti, ma non è la prima volta che il direttore del giornale torinese è oggetto di attenzioni criminali. Non si tollera che il suo libro sulla vicenda del padre - il best seller Spingendo la notte più in là - abbia ribaltato anni di complicità, palese o ipocrita, sul «caso Sofri», riaprendo nella coscienza dei più giovani la memoria degli anni di piombo, fuori dalla vulgata che si vuole imporre. Il successo del libro, la linea liberal di Calabresi, il nuovo clima che ne è derivato suscitano risentimenti, invidie, calunnie e pettegolezzi, una scia di veleno che - non sappiamo se in menti ignoranti o pericolose - porta di nuovo a slogan di odio. A Calabresi la nostra solidarietà. Non si tratta di una scritta. È il ritorno del virus dell'intolleranza, del «chi non la pensa come noi è un nemico». Va disinfettato, subito.