L'Accademia di Svezia ama stupire, si sa. Ma il Nobel per la letteratura all'illustre sconosciuto – quest'anno a Herta Müller – è sport ormai trito. Non fa sorpresa. Tanto lo sappiamo: a Stoccolma sono interessati a questioni di geopolitica o di testimonianza o di impegno, quasi che scrivere bei romanzi e avere successo presso un pubblico più vasto degli esperti sia colpa grave. È questo che non funziona nelle spesso bizzarre scelte svedesi: le ragioni letterarie vengono sempre per ultime, si vince sempre in nome di qualcosa d'altro, mai in ragione della qualità letteraria. Magari è una strategia mediatica. Eppure chi 50 anni fa premiava Hemingway aveva visioni più larghe degli odierni membri politically correct. Il pubblico, però, la sa più lunga. E continua a leggere autori migliori di quelli usciti dal cilindro svedese. Dunque, forza, signori dell'Accademia! Entrate nel XXI secolo: non relegate il Nobel al ruolo di premio di provincia che vuol darsi arie. Il mondo vi guarda e ve lo potete permettere. Coraggio, coraggio. E letture piacevoli, ogni tanto. Per voi e per noi!