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MERCATI E MERCANTI / «Too big?» Ora la banca è «too Bric»

di Alessandro Merli

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5 Agosto 2009
MERCATI E MERCANTI
di Alessandro Merli

Tra i grandi cambiamenti prodotti nella finanza globale dalla crisi degli ultimi due anni, c'è uno spostamento del baricentro del sistema bancario internazionale verso i paesi emergenti, un fenomeno parallelo a quanto avvenuto nell'economia reale con l'accresciuto peso dei Bric (Brasile, Russia, Cina e India).
Si tratta di un movimento in corso da tempo, ma che la crisi globale ha accelerato. Nel 1999, tutte, meno una, le prime 25 banche del mondo per capitalizzazione di mercato appartenevano alle tre grandi potenze tradizionali della finanza, Stati Uniti, Europa e Giappone. Oggi gli istituti dei tre maggiori mercati rappresentano meno dei due terzi della capitalizzazione delle Top 25, secondo dati di una ricerca della Deutsche Bank. La grande ritirata ha colpito soprattutto gli istituti basati negli Stati Uniti e quelli giapponesi, e, in misura minore, quelli europei.
Il resto del vertice del sistema è occupato oggi dalle banche cinesi, che si sono quotate fra il 2005 e il 2007, ma anche da quelle dei paesi avanzati che sono stati relativamente meno colpiti dalla crisi, come Canada e Australia. Un segnale in questo senso è venuto questa settimana anche dall'acquisto delle attività asiatiche della britannica Rbs da parte dell'Anz. Si sono affacciati temporaneamente fra le prime 25 anche brasiliani e russi.
Dopo la fine della crisi, difficilmente le cose torneranno come prima. La crescita di lungo periodo dei grandi mercati emergenti sarà un fattore che può rendere permanente lo spostamento a favore delle banche dei paesi emergenti.
La crescita relativa (la capitalizzazione delle Top 25 è calata del 40% dall'estate 2007, anche se resta più alta che nel 2004) degli istituti di questi paesi s'intreccia con il dibattitto in corso sulla dimensione ottimale delle banche: fra chi sostiene, come il prossimo presidente della Banca nazionale svizzera, Philipp Hildebrand (come ricordato da «Mercati e mercanti» del 24 giugno) che è bene limitare la taglia delle banche, e chi, come il presidente di Deutsche, Josef Ackermann, che "grande è bello" nonostante tutto (si veda Il Sole 24 Ore del 31 luglio).
Le autorità di vigilanza e i vertici bancari nelle nuove potenze emergenti sembrano essere consapevoli dell'importanza di coniugare la crescita con l'efficienza. Le grandi banche brasiliane hanno perseguito un aumento dimensionale attraverso fusioni e acquisizioni, ma hanno anche mantenuto standard d'efficienza molto alti e un attentissimo controllo sulla qualità del credito, tanto da farne un concorrente difficilissimo per i colossi stranieri che si sono affacciati sul loro mercato. In Cina, le autorità hanno appena richiamato i nuovi big bancari a non esagerare con il credito facile, per evitare che la crescita di oggi si trasformi nelle insolvenze di domani.
Più della dimensione a tutti i costi, insomma, hanno capito che conta una sana gestione. È una lezione che la crisi dovrebbe aver insegnato non solo ai nuovi grandi del credito mondiale, ma anche e soprattutto ai vecchi.

5 Agosto 2009
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