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Galan: «Nei territori la selezione della futura dirigenza»

di Riccardo Ferrazza

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27 marzo 2009
Giancarlo Galan (Imagoeconomica)

«Quello che si celebra da oggi è lo sbocco naturale di due esperienze politiche parallele ed entrambe originali. Una vicenda tumultuosa, mai statica, premiata democraticamente negli ultimi 15 anni e che dovrà rimanere fedele alle sue origini: un partito di esponenti formati sul territorio e non nominati dal centro». Giancarlo Galan, 52 anni, presidente della Regione Veneto al suo terzo mandato, un passato in Publitalia e un'anzianità politica che coincide con quella di Forza Italia – Silvio Berlusconi lo coinvolse da subito nella formazione del partito azzurro –, assiste con entusiasmo al battesimo della nuova formazione di centro-destra, il Popolo della libertà.

Nessun dubbio sulla riuscita dell'esperimento?
No, perché quando c'è chiarezza sugli obiettivi e sui progetti per raggiungerli, la cosa va. Quella di Berlusconi è stata un'esperienza rivoluzionaria perché con la sua discesa in campo ha completamente cambiato il modo di fare politica. Dall'altra parte c'è An e il suo lungo percorso che l'ha portata più volte a trasformarsi. Due storie di innovazione che ora si uniscono. Il partito che nascerà appartiene molto di più all'esperienza occidentale di quanto si immagini. Pensi al Ppe: crede che in quella famiglia tutti la pensino allo stesso modo? Naturalmente no, perché è logico che ci siano voci diverse. E questo è accaduto anche altrove: il Labour party, per esempio, teneva sotto lo stesso tetto la componente socialdemocratica e quella trotskista.

Convivenza pacifica, dunque.
La mia è una cultura liberale, libertaria e quasi libertina. Non avrò problemi di convivenza con le tante anime, da quella cattolica a quella riformista, che si ritroveranno nel nuovo partito. Più in generale, nel Pdl la convivenza sarà più semplice rispetto al Pd, al cui interno non si è ancora esaurita la stagione dei pregiudizi reciproci.

Da quali pericoli dovrà guardarsi il Pdl?
Da mesi le idee e le proposte che propongo ruotano intorno a un concetto: il partito di cui voglio esser parte deve essere una realtà in cui il sindaco, il governatore di regione o il deputato siano persone che vivono sul territorio, che abbiano fatto un'esperienza diretta della realtà e che conoscano quindi le persone e i loro desideri. Tutto il contrario, per intenderci, di un partito di "nominati".

C'è un rischio sbilanciamento verso Sud, dove An è più radicata, con maggiori spazi lasciati a Nord alla Lega?
Non credo a questa impostazione per cui ognuno è portatore di istanze predefinite. Il coordinatore del Pdl in Veneto, per fare un esempio, sarà un esponente di An: Alberto Giorgetti.

E Galan cosa farà da grande?
Non ho mai progettato il mio futuro. In passato mi sarebbe piaciuto fare il ministro ma con gli anni ho capito una cosa: il clima politico di Roma non mi piace. Preferisco restare in Veneto, la mia terra.

27 marzo 2009
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