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Valducci: «Sarà un partito leggero, dialogo costante in rete»

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27 marzo 2009
Mario Valducci (Imagoeconomica)

Un partito leggero, pronto a recepire le istanze dei simpatizzanti con un dialogo costante in rete. Una nuova rivoluzione, «come lo fu Forza Italia». Mario Valducci, 50 anni appena compiuti, parlamentare dal '94, è tra i fondatori di Fi, uno di quelli che hanno sempre preferito lavorare per il partito di cui è tra i principali dirigenti. Silvio Berlusconi lo ha conosciuto prima come datore di lavoro (era un manager di Fininvest), poi come leader politico. Ora è pronto a scommettere sulla nuova creatura del Cavaliere: il Pdl.

Fi fu una novità assoluta. Da allora sono passati 15 anni, metà dei quali al governo. Difficile presentarsi come rivoluzionari...
Eppure sarà così. Anche ora c'è bisogno di rinnovamento: i vecchi schemi sono saltati e a questo ha contribuito anche Veltroni con il Pd. Ma i democratici sono rimasti ancorati al passato e le loro divisioni lo confermano ogni giorno. Il Pdl invece parte da una forte condivisione di valori, che sono quelli del Ppe, e da una leadership altrettanto forte. Abbiamo ancora voglia di cambiare questo Paese e di farlo insieme agli italiani.

I valori saranno anche condivisi ma tra Fi e An si è discusso parecchio su regole e democrazia interna. Come sarà il Pdl?
Un partito aperto. Non si può pensare che una sparuta minoranza, qual è quella rappresentata dai politici – da noi – possa decidere cosa conta per i cittadini. C'è un problema di rappresentatività. Ebbene, il Pdl sarà il partito che renderà palese la domanda di rappresentanza.

In che modo?
Le scelte non saranno esclusivo appannaggio di una cerchia ristretta. Nel Pdl ci saranno due tipi di partecipazione: gli associati, ovvero coloro che hanno deciso di fare politica attiva, assumendo incarichi dentro e fuori il partito e ricalcando in sostanza quanto già avviene attualmente. E poi gli aderenti, i simpatizzanti che finora non hanno avuto voce ma che sono invece gli artefici principali del successo o dell'insuccesso elettorale.

Il popolo dei sondaggi?
Sì, proprio loro. Berlusconi li ha sempre ascoltati e i risultati si vedono. Il candidato sindaco di una città, il governatore di una Regione, la posizione del partito su un grande tema deve venir fuori anche dal contributo di tutti i nostri sostenitori. Lo pensavamo anche 15 anni fa, quando con Pilo realizzammo Diacron (primo istituto di sondaggi berlusconiano, ndr), ma adesso ci sono strumenti più immediati, c'è internet. Del resto la leadership di Obama non è nata dalla rete?

Ma negli Usa si sono fatte anche le primarie, con schede di carta. Qui invece le decisioni, come in Abruzzo e Sardegna, vengono dall'alto...
E non poteva essere diversamente. Questa è una costruzione che ha bisogno di tempo per affermarsi. Dobbiamo sperimentarla, magari partendo da regioni piccole. Ma alla fine si imporrà.

(B.F.)

27 marzo 2009
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