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Congresso Pdl, il giorno di Fini
Sfida sul referendum e laicità

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28 marzo 2009

«Ringrazio Silvio Berlusconi per la chiarezza e la generosità con cui ieri nel suo intervento al congresso in un colpo solo ha spazzato via tanti luoghi comuni e, perché no, tante interpretazioni maliziose e interessate». Così Gianfranco Fini dal palco del congresso del Pdl inizia il suo intervento e si rivolge al Presidente del Consiglio. «È stato chiarissimo- aggiunge- nel dire cosa è il Pdl: non è Forza Italia al quadrato, non è la fusione fredda tra diversi soggetti politici, non è un nuovo cartello elettorale ma un soggetto di popolo, sintesi delle esperienze di donne e uomini che arrivano storie diverse ma che hanno ben chiaro che l'obiettivo della politica è il bene comune». E ricorda che il Pdl «non sarebbe nato senza la lucida follia di Silvio Berlusconi»: «Lui ci ha creduto anche nei momenti più difficili», ha spiegato.

Fini ha anche parlato del referendum del 7 giugno: «Il Pdl dovrà mettere quanto prima all'ordine del giorno del dibattito interno quale atteggiamento assumere sul referendum elettorale di giugno, che rappresenterebbe una forte accelerazione al sistema bipartitico. Ci saranno discussioni tra di noi e con i nostri alleati, ma dovremo farle».

Per Fini la «grande sfida» è rilanciare una grande stagione costituente. Secondo il Presidente della Camera bisogna «evitare la polemica continua» tra cariche istituzionali che difendono la Costituzione e il Governo che «giustamente chiede più poteri per operare». Federalismo istituzionale, cioè revisione del bicameralismo perfetto, e nuova forma di governo sono i due punti chiave indicati dal presidente della Camera. Fini sottolinea la differenza tra la prima e la seconda parte della Carta. Riconosce che «gli articoli della prima parte meritano rispetto, perchè sono valori di tutti gli italiani, anche se non guasterebbe un riferimento a quell'Europa di cui siamo fra i fondatori». Quanto alla seconda parte, «si deve cambiare» in quanto rischia di non essere in linea con le esigenze «della nostra democrazia», quella di un Paese «spesso paragonato a una crisalide» e, ha aggiunto la terza carica dello Stato applaudito anche dal premier Silvio Berlusconi, «da quella crisalilde dobbiamo essere in grado di far uscire la farfalla» attraverso un'architettura di riforme capace di coniugare «la democrazia che rappresenta il popolo alla democrazia che governa e sa decidere».


Quella che sta attraversando la sinistra italiana «non è una crisi di consenso, ma una profonda crisi di idee e di valori di riferimento che deriva dal fatto che si è spenta da tempo quell'egemonia di gramsciana memoria che voleva che solo la sinistra fosse in grado di comprendere la società italiana e che quindi fosse capace di orientarne il cammino». Lo ha detto Fini spiegando che «se la chiave di lettura di questa crisi è giusto o perlomeno accettabile, bisogna fare un passo avanti: e significa declinare questa categoria di valori nella realtà nazionale». E l'Italia, ha spiegato, è un Paese dove «è forte il ruolo delle piccole e medie imprese, dove il principale ammortizzatore sociale è la famiglia. Un paese dove c'è molto volontariato e associazioni no profit. E dunque - ha concluso il ragionamento - la risposta alla crisi globale può essere fornita da categorie culturali estranee o sconosciute alla cultura della sinistra italiana ed europea».

Il federalismo fiscale «è una grande opportunità» per il Sud, ma «solo se lo stato c'é, non solo come participio passato del verbo essere». Fini ha parlato quindi della necessità di stringere un
vero e proprio «patto nord-sud che, grazie al federalismo, permette di liberare energie, liberarsi dai condizionamenti». Nel Mezzogiorno «dobbiamo alzare la bandiera della legalità, senza di questa il Sud non si alza», ha detto Fini. Il presidente della Camera ha poi ricordato: «Ci chiamiamo Popolo della libertà e libertà è prima di tutto libertà dalle mafie e dal malaffare». Fini poi spiega che bisogna liberarsi anche di «quel ceto politico che punta al mantenimento del proprio potere» in certe zone del Paese.

Il Pdl dovrà suggerire al Governo «nuovi percorsi» per la concessione della cittadinanza agli immigrati. «Nei prossimi anni i cittadini di colore, ha dichiarato l'ex leader di An, quelli con i
tratti orientali, quelli con genitori stranieri, saranno sempre di più e noi non dobbiamo guardare a questa prospettiva con paura. Dobbiamo avere invece la presunzione di guidare questo processo». Fini dice sì «all'integrazione ma con legalità». Gli italiani «non devono aver paura degli stranieri e non devono dimenticare che siamo figli di un popolo di migranti».

E sul rapporto tra Stato e Chiesa, Fini ha spiegato: «Non c'é contraddizione tra difendere identità europea e la religione cristiana e difendere la laicità delle istituzioni». E ha aggiunto «siamo sicuri che il testamento biologico approvato dal Senato significhi laicità?». «Perché quando si impone per legge un precetto, si é più vicini ad una concezione da Stato etico», ha aggiunto.
  CONTINUA ...»

28 marzo 2009
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