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Lega-Pdl, sfida dalla Bassa alle valli

di Marco Alfieri

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27 maggio 2009

L'altro giorno, durante un volantinaggio, è volato pure qualche spintone. E poi insulti, tanti. Forzaleghisti contro leghisti, fratelli coltelli, quasi non fossero insieme al governo.
Siamo a Montichiari, bassa bresciana. Il sindaco uscente del Carroccio, Gian Antonio Rosa, il 6-7 giugno non può più correre (è al secondo mandato), così qualche mese fa designa alla successione l'attuale vice sindaco (leghista), Elena Zanola. Una scelta sposata in pieno dal segretario cittadino del partito di Bossi, Claudio Mutti. Peccato però che pochi giorni dopo le segreterie provinciali di Lega e Pdl impongono un accordo a incastro con altri comuni bresciani. A sorpresa la prescelta per Montichiari è la pidiellina Claudia Carzeri, attuale assessore della giunta Rosa.

La Lega di Montichiari ovviamente non ci sta e rompe fragorosamente, rimettendo in campo Zanola appoggiata da ben cinque liste civiche. Dunque partiti ufficiali contro amministratori dissidenti leghisti. Carzeri contro Zanola. In mezzo, un voto incertissimo e due fazioni in teoria alleate che si stanno sbranando in diretta.
Naturalmente dietro la guerra c'è molto arrosto. Montichiari infatti non è un borgo qualunque, bensì la città sede di un aeroporto che non decolla da anni ma al centro di molti appetiti. Dei comitati di protesta per i voli notturni del servizio postale e del cargo, gli unici slot utilizzati. E dei terreni intorno allo scalo, su cui dovrebbe fermarsi la stazione dell'Alta velocità. E poi alle segreterie provinciali non piace l'autonomia che il sindaco Rosa si è preso in questi anni e che si prenderebbe quindi il delfino Zanola. Risultato: la coalizione ufficiale punta a mettersi in scia al governo "del fare" berlusconiano; i dissidenti sulla continuità e il purismo leghista del sindaco uscente «a difesa della sicurezza dei suoi cittadini», come quella volta in cui si rifiutò di celebrare un matrimonio misto.

Ma soprattutto la guerra di Montichiari non è un caso isolato, specie nella riserva indiana Pedemontana dove litigare in casa non sembra preoccupare troppo la maggioranza forzaleghista. È come se ci fosse un doppio registro, invisibile ma tenace: in alto l'accordo romano, imposto nelle province e nei capoluoghi al voto per spazzare via gli ultimi bastioni Pd. Sotto, nei centri medi, dove il Carroccio coltiva da anni una sua egemonia, lo sfogatoio del tutti contro tutti. L'obiettivo è facile: rubarsi voti e poltrone, trascinando consensi sulle Europee.
Per accorgersene basta salire nella val Seriana spossata dalla crisi del tessile, bergamasca più autentica. Ad Albino, la Lega governa un monocolore da 15 anni. Ma dopo tre mandati, due del sindaco Mario Cugini e uno di Piergiacomo Rizzi, l'uscente non è stato confermato. «Troppo poco allineato al partito», si racconta nei bar del paese. In fotocopia a Montichiari, dunque, Rizzi si presenta con una sua lista portandosi dietro 3 assessori e ben 7 consiglieri. In pratica tutto il Carroccio locale, mentre quel che resta della Lega confluisce sul candidato Pdl, Davide Carrara, ex democristianone d'antan, scelto attraverso un accordo calato dall'alto. Non bastasse, il Pd si presenta a sua volta camuffato in una formazione civica appoggiando un omonimo del candidato Pdl, Luca Carrara. Paradosso nel paradosso. Ma dietro il frazionismo, anche qui, ci sono partite di potere reale. Su tutti il risiko intorno all'area Honegger, un centro terziario e polifunzionale in costruzione su cui pendono richieste di variante urbanistica.

Dalla Lombardia al Veneto, sempre su quella striscia pedemontana che corre da Vittorio Veneto fino a Valdobbiadene, cambiano le province ma non le guerre intestine. Proprio a Vittorio, il sindaco leghista uscente, Giancarlo Scottà, ha esaurito i due mandati, così Pdl e Carroccio corrono felicemente separati. Per il partito di Berlusconi c'è Giorgio De Bastiani, per la Lega il potente capogruppo in Regione, Gianantonio Da Re. Normale dualismo? Non proprio. Perché sull'uomo di Bossi confluisce a sua volta la lista civica Forza Vittorio formata da pidiellini frondisti. Vittorio Veneto è infatti l'epicentro di un Pdl che in Veneto si sta cannibalizzando sottotraccia ma con ferocia. Da un lato la corrente del deputato Fabio Gava, ex assessore regionale e regista della lista civica pro Carroccio; dall'altro quella di Maurizio Sacconi, con il senatore Maurizio Castro, che appoggia la candidatura ufficiale De Bastiani.

Una guerra a tutto campo, sfacciata, a colpi di querele e contro querele e coi sacconiani che accusano i gaviani di costruire patti con la Lega in cambio del via libera su alcune operazioni urbanistico/commerciali e posti nelle multiutilities locali. E a loro volta i gaviani che rispondono accusando i sacconiani di tramare contro il governatore Galan. Insomma triangolazioni da Basso impero in cui la politica nemmeno si vede, ridotta a puro frazionismo lobbystico. Non solo a Vittorio Veneto, ma anche in altri comuni trevigiani come Caerano, dove ci sono addirittura tre liste di centro-destra in guerra intestina. Quella del consigliere uscente della Lega, Lazzaro Lattanzio; quella del Pdl, con Franco Danieli; e quella del Carroccio con l'attuale sindaco, Lucia Velo. Senza esclusione di colpi, da veri fratelli coltelli.

27 maggio 2009
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