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La polemica con Cofferati sulle liste

di Lina Palmerini

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16 ottobre 2009

Nessuna cinghia di trasmissione tra la Cgil e il Pd di Pierluigi Bersani. L'accusa era stata di Sergio Cofferati leggendo i tanti nomi di segretari confederali cgielle schierati con l'ex ministro. E ieri gli rispondeva Massimo D'Alema: «Mi ricordo quando Cofferati guidava il Correntone contro Piero Fassino al congresso di Pesaro del 2001: avrà cambiato opinione. Non esiste rischio di cinghie di trasmissione. C'è un pluralismo sindacale nel Pd e politico dentro i sindacati che ha spezzato i tradizionali rapporti tra sindacato e partiti. Ora il legame è molto più laico e non si tornerà indietro». Non è solo l'ex ministro degli Esteri a smontare le tesi di un'impostazione "socialdemocratica". È soprattutto Enrico Letta – che ha sempre cercato di mantenere un dialogo con la Cisl – che puntualizza: «La Cgil è spaccata: alcuni sono con noi, altri con Franceschini, come Cesare Damiano candidato alla segreteria in Piemonte e Cofferati in Liguria». Eppure nella Cisl non pochi si sono sentiti "delusi" dalla scelta di Enrico Letta e preoccupati per lo schieramento cgilelle che minerebbe un percorso unitario. «Il Pd – rassicura Letta – rispetterà l'autonomia delineando il proprio profilo senza sentirsi più vicino all'uno o all'altro».

C'è chi ha lavorato fianco a fianco per molto tempo con Enrico Letta e che ritiene, invece, «un bruttissimo segno» questo «schieramento in massa della Cgil con Bersani». Tiziano Treu non usa mezze frasi per esprimere il suo allarme per il Pd targato Bersani. «Il partito è già debole e non ha bisogno di chiudersi dentro una cappa di piombo. Queste candidature – dice Treu che sta con Franceschini – smentiscono l'autonomia tra politica e sindacato. Cofferati ha ragione quando dice che c'è il ripristino della cinghia di trasmissione. Anzi, siamo al neo-collateralismo».

Eppure, perfino in Germania è tramontato quel modello tra sindacato e partito socialdemocratico tant'è che il leader dell'Ig Metall, per la prima volta, alle elezioni di settembre, non ha schierato la sua organizzazione. «La nostra base è cambiata, è cambiata la storia», dichiarò Berthold Huber. E invece da noi, come osserva il giuslavorista e senatore del Pd, Pietro Ichino, «le candidature cgielle possono dare l'impressione di un ritorno al modello del partito laburista come espressione politica del movimento sindacale. Questo contrasterebbe con moltte cose che Bersani ha detto; ma se così fosse, anche soltanto in linea di fatto, sarebbe una scelta davvero antistorica. Perché un grande partito progressista che si candida a governare non può né rischiare di apparire come il partito dei lavoratori stabili delle imprese medio-grandi o enti pubblici del centro-nord (rappresentati dal sindacato) né tanto meno stabilire un rapporto privilegiato con una sola delle confederazioni». Tra l'altro, osserva il professor Ichino, tra Cgil e Pd di Bersani «la cinghia di trasmissione funzionerebbe in senso inverso rispetto a quella degli anni 50: il sindacato che si serve del partito e non viceversa». Il senatore Ichino si è schierato con Ignazio Marino ma nelle liste dell'ex chirurgo c'è anche un sindacalista Cgil, Beniamino Lapadula che si difende: «Le candidature sono legittime, è già successo. Piuttosto questo schieramento così collettivo della cgilelle per Bersani ha un sapore un po' burocratico». Non è ciò che preoccupa il professor Ichino che insiste sull'identità del Pd. «Prima vediamo se vincerà Bersani. Certo, se nella futura assemblea nazionale ci fosse una forte sproporzione tra dirigenti della Cgil e di altre confederazioni, questo segnerebbe un elemento di rottura rispetto al Pd di Veltroni che prese più del 33%. Come pure la mancanza di esponenti delle imprese».

16 ottobre 2009
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