Gestione unitaria del partito ed elezioni regionali. Ecco le due questioni politiche che da stamattina il nuovo segretario del Pd, Pierluigi Bersani, dovrà affrontare. E in qualche modo l'una è legata all'altra. La prima riguarda l'organizzazione del partito: se, cioè, Bersani intenda o no fare squadra con gli sconfitti e con le aree che rappresentano. «Con Dario e Ignazio lavoreremo insieme», è stato uno dei commenti a caldo rilasciati dal neo-leader che lascia già immaginare un coinvolgimento di Franceschini e Marino nella gestione del Pd. Anche - e soprattutto - perché il primo banco di prova del nuovo segretario saranno le elezioni regionali di primavera. «Rappresenteremo un'alternativa, non solo l'opposizione» ha messo subito in chiaro il neosegretario. E per centrare l'obiettivo il voto di marzo sarà cruciale.
Una sfida difficile
Un'anteprima di quanto potrà essere difficile la sfida per il Pd è già sul tavolo con lo scandalo che ha coinvolto Piero Marrazzo, Governatore del Lazio, che mette in bilico il partito anche in questa regione. Dunque, quel «lavoreremo insieme» di Bersani guarda al prossimo test elettorale e alla necessità di tenere unito il partito per evitare scissioni, piccole o grandi, e divisioni interne come è stato nella passata gestione di Walter Veltroni. Già è partito il toto-nomine su chi saranno i nuovi capigruppo e se Franceschini farà o no il presidente del Pd. Un ruolo di garanzia per tenere dentro il recinto l'area cattolica ex Popolare.
«Farò il leader a modo mio». Poche parole sono bastate a Bersani per far intendere che non subirà condizionamenti e non si farà dettare la linea da nessuno. Nemmeno da Massimo D'Alema? Questo è l'altro punto interrogativo visto che l'ex ministro degli Esteri è stato il grande sponsor di Bersani. E di certo il terreno su cui D'Alema eserciterà il suo peso sarà nel confronto con il Pdl: se cioè aprirà o no un varco al dialogo sulle riforme. Ieri sera, però, Bersani sventolava sotto il naso della maggioranza gli oltre 2 milioni e mezzo di votanti alle primarie: «E' stata una prova di trasparenza, il Pdl prenda esempio».
Il primo a riconoscere la vittoria di Bersani è stato Dario Franceschini. Quando non c'erano ancora i dati definitivi, l'ex segretario ha scelto di tenere una conferenza stampa per riconoscere la vittoria dell'avversario. Sottolineando però un punto fermo che dovrà rimanere nel Dna del Pd. «La primarie sono un fatto irreversibile per l'elezione del leader», ha detto Franceschini ringraziando il popolo delle primarie. E non poteva mancare lo spunto polemico di D'Alema: «Abbiamo dimostrato che gli iscritti non sono dei marziani: gli elettori hanno confermato il loro voto». A riconoscere la vittoria di Bersani anche Ignazio Marino soddisfatto dei voti ottenuti tra gli elettori. I due sconfitti si portano dietro comunque una fetta di consensi che di certo faranno valere nella composizione del nuovo Pd dell'era Bersani.