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Riscoprire l'Abruzzo rurale

di Lelio Oriano Di Zio

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Per comprendere le ragioni a sostegno del recupero del patrimonio architettonico storico ed antico violato dal sisma, occorre conoscere L'Abruzzo montano dei mille campanili, terra incognita, di confine, sinonimo di povertà e di sottosviluppo, regione dei lupi e degli orsi, dei briganti e degli eremiti, parte leggenda e parte verità.
Occorre conoscere la storia delle grandi emigrazioni, dei pastori transumanti, di Pietro da Morrone, di Giovanni da Capestrano, del Cardinale Mazzarino e molto altro ancora. Storie della sopravvivenza o della ricchezza tutte legate al destino dell'economia armentizia.
Un paesaggio, profondamente segnato dal rapporto tra uomini e pietre, non solo nelle grandi dimore storiche ma soprattutto nell'archeologia del territorio: campi aperti, stazzi, mandre, terrazzamenti a secco, capanne, grotte, pagliare, o nelle forme insediamentali appena più complesse: villaggi rurali, piccoli borghi, paesi fortificati.

E' questo il fascino vero e profondo di quella parte dell'Abruzzo in cui i destini di povertà, abbandono, emigrazione, marginalità hanno involontariamente custodito fino ai giorni nostri un paesaggio di singolare bellezza così come lo videro i viaggiatori del "gran tour" o come lo rappresentarono più di un secolo fa gli allievi ed i maestri della scuola scandinava di pittura a Civita D'Antino.
Il sisma, ha messo in luce, come accade sovente, non solo e non tanto la vulnerabilità del patrimonio antico quanto soprattutto la nostra inadeguatezza nel modo di porci rispetto a questo patrimonio.
Scopriamo così che insieme a debolezze insite del costruito antico, sono evidenti i sintomi diffusi di una atteggiamento troppe volte "distratto" rispetto alle nostre responsabilità etiche, attenti, nel migliore dei casi, allo sterile soddisfacimento degli obblighi normativi a difesa della nostra "impunibilità".

Da ciò occorre ripartire per sanare il conflitto tra nuovo e vecchio tra conservazione ed innovazione, conflitti sterili e demagogici utilizzati al posto di scelte più consapevoli e responsabili tra bello e brutto buono e cattivo. Non sarebbe difficile scoprire che oggi come dalla notte dei tempi la conservazione e l'innovazione possono coesistere in un rapporto armonico ed equilibrato, rapporto rotto solo dall'irruenza e dalla superbia del XX secolo, che la sfida della ricostruzione non è tra nuovo e vecchio, tra conservazione e sostituzione ma tra il buon fare e il far male, tra dove e come conservare e dove e come sostituire ed innovare.
Con un atteggiamento consapevole e libero non sarebbe difficile convincersi che la conservazione ed il recupero non sono solo un dovere culturale ma soprattutto una sana opportunità di sviluppo economico compatibile con una gran parte del territorio Abruzzese.

Per evitare di demonizzare o mitizzare gli antichi patrimoni occorre avvicinarsi ad essi con competenza ed umiltà consapevoli che il comportamento dello stesso rispetto al sisma non è frutto di casualità o di pratiche misteriose ma di applicazione di metodi, tecniche e materiali, congruenti con le caratteristiche costruttive di tale patrimonio.
Caratteristiche anch'esse nè misteriose nè casuali ma semplicemente complesse, frutto di culture materiali consolidate e tramandate nei secoli e di cui il fare moderno e contemporaneo ha perso la memoria.
Quindi, la conoscenza come primo e piu' importante intervento di conservazione giacchè a posteriori della conoscenza è facile comprendere l'importanza delle forme, delle geometrie, delle dimensioni, scoprire che queste nel caso del patrimonio antico, non rispondono quasi mai a formalismi gratuiti o sterili funzionalismi ma contemperano in misura equa e congrua la "Firmitas", la "Venustas", e la "Utilitas".

Occorre "accettare" che se i vani sono piccoli come piccole sono le aperture di porte e finestre, lo sono non per ignoranza dei nostri predecessori ma per sapienza e se i muri sono apparentemente "troppo spessi" non lo sono per casualità ma per sana consapevolezza delle antiche maestranze. Saremo consci, allora, che all'interno degli antichi patrimoni minori non è congruo realizzare grandi vani sottraendo muratura, ampliare porte e finestre "alla maniera moderna" modificare cioè le geometrie costruttive che hanno assicurato la sopravvivenza di questo patrimonio attraverso i secoli.
E dopo che avremo soddisfatta la nostra sete di conoscenza potremo con umiltà e rispetto dare il nostro contributo per adeguare, migliorare recuperare le capacità di resistenza del patrimonio antico senza mortificarlo invocando pretestuose esigenze normative o sterili funzionalismi.

A S.Stefano di Sessanio è possibile cogliere non il miracolo della sopravvivenza al sisma ma la normale conseguenza di un felice incontro con un imprenditore illuminato Daniele Elow Kihlgren presidenza della soc. Sextantio Spa il quale decide di scommettere 5.000.000,00 di euro su un progetto di recupero dell' antico borgo Mediceo semiabbandonato da decenni. Un progetto che a ragione dieci anni fa poteva essere definito " folle", un progetto rigoroso nella conservazione delle complesse articolazioni, delle antiche forme armoniche, dei materiali, delle cromie e, perché no, delle emozioni che tali contesti erano ancora capaci di evocare. Ma pur nella complessità delle contiguità di proprietà irrisolte, il rigore della conservazione non ha mai fatto venir meno il rigore nella "firmitas", esigenza estetiche ed esigenza statica, non antitetiche ma compatibili. A santo Stefano di Sessanio il lessico e la grammatica del fare antico provano a ricomporre il poema della conservazione e della ridestinazione compatibile: catene e capichiave, contrafforti ed ammorsature, solai lignei e controventi di irrigidimento, capriate e cordoli di muratura armata, radiciamenti lignei e tiranti metallici.

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