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Da decenni è in corso una guerra nella quale sono state combattute tante memorabili battaglie per il rispetto del diritto. Sono caduti tanti eroi. Si sono ottenuti parziali successi soprattutto quando la mafia è stata vissuta come grande questione nazionale. Ma il trascorrere del tempo, lo scrivo con profondo dolore, rischia di cronicizzare il male in una atroce e rifiutata, ma ahimé sostanziale, convivenza. È di queste settimane la discussione sul "partito del Sud". È una risposta sbagliata a una grande questione nazionale. Lo interpreto come una sorta di sindacalismo politico per ottenere qualche risorsa in più. Ma il problema è dell'Italia tutta. È un problema sociale, culturale e militare che lo Stato ha il dovere di indicare col suo nome, tragica emergenza, con il proposito di sconfiggerla non solo di affrontarla. So che ci sono ombre sempre più cupe di connivenze politiche. E so che questo è l'ostacolo maggiore, ma credo che se quella del Mezzogiorno si propone come grande emergenza nazionale si può tentare di far maturare le condizioni per vincere la guerra e non per combatterla in trincea a tempo indeterminato. E senza la scuola in prima linea al fianco di una società meridionale protagonista questa guerra non si vince.