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Elezioni regionali, il «fai da te» ha migliorato il modello originale

di Roberto D'Alimonte

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22 marzo 2010

Dal 2003 a oggi tutti i sistemi elettorali italiani sono stati modificati rispetto al modello della Prima Repubblica, con la sola eccezione di quello per le elezioni europee. Dal 1948 al 1992 nel voto per tutti i livelli di governo dominava il proporzionale, con poche varianti tra una arena elettorale e l'altra. Con la crisi della Prima Repubblica è cambiato tutto, dal sistema elettorale alla forma di governo: oggi sindaci e presidenti sono eletti direttamente dal popolo e alle politiche non è così ma quasi, visto che dal 2005 la maggioranza parlamentare, e quindi la nomina a capo del governo, viene garantita al leader della coalizione con più voti. Quanto ai sistemi elettorali, appartengono tutti alla categoria dei "misti" e per la precisione a quella variante - tutta italiana - che sono i sistemi con premio di maggioranza. Anche domenica e lunedì prossimi gli elettori utilizzeranno un sistema del genere. Ma, come mostra l'analisi in questa pagina, non sarà lo stesso sistema in tutte le regioni. In pratica, si voterà con otto sistemi elettorali diversi, anche se elezione diretta del presidente e premio di maggioranza non sono stati aboliti in nessuna regione.

In alcuni casi, come nel Lazio, le modifiche sono del tutto marginali, in altri sono discutibili, ma complessivamente si può dire che le regioni riformatrici, pur mantenendo l'impianto essenziale del "modello Tatarella", lo hanno migliorato. D'altronde la scelta di non stravolgerlo è tutto sommato saggia. Quel modello non rappresenta una soluzione ideale al problema della governabilità delle regioni, ma in una situazione di grave debolezza dei partiti e di crescente disaffezione dei cittadini nei confronti della politica è difficile immaginare oggi di poter fare a meno di un rapporto diretto tra elettori e eletti. Né sarebbe prudente rinunciare a un meccanismo un po' rozzo, ma certamente efficace, come è il premio di maggioranza, per tornare a sistemi elettorali in cui le maggioranze si formano dopo il voto. Sono troppi i partiti, e troppo deboli i meccanismi della rappresentanza, per garantire stabilità ai governi regionali senza espedienti di tipo maggioritario. Né - a livello regionale - sarebbe opportuno sostituire il premio con i collegi uninominali, che invece potrebbero e dovrebbero essere reintrodotti a livello nazionale.

Ciò premesso, il "modello Tatarella" ha dei difetti. Non c'è motivo per esempio che il premio di maggioranza sia attribuito in modo tale da trasformare i consigli regionali in consigli-fisarmonica, che a seconda dei casi possono allargarsi e restringersi. In molte regioni è ciò che può succedere (ed è successo) se il 20 % dei seggi destinati al premio non sono sufficienti a garantire alla coalizione vincente il 55 % o il 60 % del totale dei seggi. In questo caso si allargano i consigli. Una specie di secondo premio che non è necessario. Basterebbe che i seggi-premio fossero tolti ai perdenti per raggiungere lo stesso scopo, così come avviene per Camera e Senato. Toscana, Marche, Umbria e Campania si sono mosse giustamente in questa direzione. Queste sono anche le regioni, con in più la Puglia, che hanno corretto un altro grave difetto del "modello Tatarella", legato al fatto che il premio a certe condizioni può passare dal 20% al 10% dei seggi creando, ed è successo più volte, situazioni in cui con meno voti si possono prendere più seggi. Va da sé che si tratta di un non senso. Ci sono poi le soglie di sbarramento.

Il "modello Tatarella" prevede una soglia generosa per i partitini, soprattutto quelli che scelgono di entrare in coalizione. In questo caso la soglia del 3% - già di per sé bassa - non si applica a condizione che la coalizione ottenga il 5% dei voti. Questo è uno dei motivi più importanti per cui nella maggior parte dei consigli regionali la frammentazione partitica ha raggiunto livelli altissimi. Puglia, Calabria e Toscana hanno adottato una soglia di sbarramento secca del 4 per cento. Altre regioni hanno introdotto correttivi diversi, ma la maggioranza non ha fatto nulla. Anche per questo è meglio tenersi un sistema elettorale con elezione diretta e premio di maggioranza, che quanto meno limita la libertà di manovra di partiti e partitini. In attesa di tempi migliori.

22 marzo 2010
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