ITALIA

 
 
 

Regionali2010

/
/
 
HOME DEL DOSSIER

Editoriali

Regionali aggiornamenti

Notizie in tempo reale

Programmi

Regionali caso Lazio

Sondaggi Ipsos-Sole 24 Ore

Francia e Italia, come l'astensione condiziona il voto

di Roberto D'Alimonte

commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci
17 marzo 2010
Francia e Italia, come l'astensione condiziona il voto

I risultati del primo turno delle elezioni regionali in Francia hanno rafforzato l'idea che le prossime elezioni regionali italiane possano essere decise dal tasso di astensionismo, cioè da quanti elettori non andranno a votare il 28 e 29 marzo. In effetti è facile arrivare alla conclusione che la pesante sconfitta del partito di Sarkozy al primo turno sia stata determinata dalla mancata partecipazione al voto di una larga fetta dell'elettorato di centrodestra. Basta confrontare i voti per l'Ump al primo turno delle elezioni legislative del 2007 con quelli del primo turno delle regionali del 2010 per rendersi conto del fenomeno. Si tratta di una differenza di cinque milioni di voti, la metà esatta dell'elettorato del partito del presidente. Anche allora l'astensionismo fu elevato (il 40% degli elettori) ma più basso rispetto alle regionali di domenica scorsa (il 53,6%).

Portare a votare i propri elettori è la prima regola per poter vincere le elezioni. I socialisti francesi non lo hanno fatto alle ultime elezioni europee quando sono scesi al 16%. Sono riusciti a farlo domenica scorsa. La cosa invece non è riuscita all'Ump. La Francia ci ha abituato a fortissime oscillazioni nel tasso di partecipazione elettorale tra diversi tipi di elezioni ma anche tra una elezione e l'altra. Nelle precedenti regionali del 2004 gli elettori che non andarono a votare furono il 37,9% contro il 53,6% del 2010. Le stesse fortissime oscillazioni si registrano anche a livello di voto ai partiti. Il partito socialista è passato nel giro di un anno dai 2.838.160 voti delle europee ai 5.673.918 voti di oggi.

La situazione in Italia è diversa. Prima di tutto da noi si vota di più rispetto alla Francia per qualunque tipo di elezioni. Nelle regionali del 2005 non è andato a votare il 40,4% degli elettori (voto di lista) e il 32,3% (voto al presidente) contro il 53,6% in Francia. Anche alle europee si vede una netta differenza. Quanto all'andamento temporale del fenomeno è vero che anche in Italia la partecipazione elettorale è in calo a tutti i livelli ma si tratta di una tendenza di lungo periodo. Tra un'elezione e l'altra il calo si misura in numeri a una cifra e non a due. Lo stesso si può dire del voto ai partiti che pur essendo naturalmente soggetto a oscillazioni anche di breve periodo mostra una maggiore stabilità rispetto al caso francese. Quanto meno in condizioni normali.

Dietro queste differenze tra Italia e Francia ci sono fattori culturali e istituzionali. Tra questi ultimi due sono particolarmente rilevanti. Uno è il voto di preferenza. In Francia non esiste. In Italia è un potente strumento di mobilitazione elettorale soprattutto nelle regioni meridionali. Si va a votare non per scegliere un partito ma per votare un candidato in una lista di partito. L'altro fattore è la possibilità di votare solo il candidato presidente. Molti elettori, soprattutto nelle regioni del Nord, non andrebbero a votare se potessero votare solo per una lista di partito. Si vede bene nella tabella in pagina. Nelle regionali del 2005 la differenza tra i voti espressi per una lista e quelli espressi per un candidato presidente è stata di 8,1 punti percentuali che corrispondono a più di tre milioni di elettori. È molto probabile che questa cifra alle prossime elezioni sia destinata ad aumentare sensibilmente. Così tra voto di preferenza al Sud e voto ai presidenti al Nord la partecipazione elettorale cala ma non tanto quanto ci si potrebbe aspettare alla luce dell'elevato livello di sfiducia nei partiti.

Fatta questa premessa è possibile che anche in Italia l'astensionismo possa incidere pesantemente sul risultato del 28 e 29 marzo? La risposta è senza dubbio positiva ma dipende dalle regioni. Una crescita dell'astensionismo in Lombardia o in Toscana, tanto per fare due esempi, non cambierà l'esito della competizione. E questo è vero per almeno sette regioni (cinque di centrosinistra e due di centrodestra). Nelle altre, invece, dove la gara è aperta gli astenuti possono decidere la partita soprattutto se il fenomeno colpirà più uno schieramento dell'altro, come è successo in Francia. In conclusione perché l'astensionismo incida occorre che ci sia equilibrio di forze tra i due contendenti maggiori e che la mancata partecipazione elettorale sia asimmetrica. La prima di queste condizioni esiste in sei regioni, la seconda dipenderà dal fatto se Berlusconi riuscirà a mobilitare le sue truppe meglio di Sarkozy.

17 marzo 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio

L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER
Effettua il login o avvia la registrazione.
 
 
 
 
 
 
Cerca quotazione - Tempo Reale  
- Listino personale
- Portfolio
- Euribor
 
 
 
Oggi + Inviati + Visti + Votati
 

-Annunci-