Le poltrone da conquistare in base a quanto stabilito dagli statuti (o in loro assenza dalla legge nazionale) sono 712. Anche in questo caso, però, le regole diverse potrebbero portare a un allargamento nella composizione dei parlamentini.
Che si tratti di posti ambiti è confermato dal fatto che mai come quest'anno la corsa è stata combattuta più a colpi di carte bollate nei tribunali che con slogan e comizi. In palio c'è la maggioranza (e il governo) di tredici regioni ma anche la prospettiva, per chi sarà eletto, di cinque anni con una buona sicurezza economica grazie allo stipendio da consigliere o, nel migliore dei casi, da presidente di commissione e dell'assemblea. Senza dimenticare la possibilità di entrare a far parte della giunta.
Se si considerano l'indennità netta e i rimborsi in misura minima, il trattamento migliore dovrebbe spettare ai consiglieri calabresi, pugliesi e campani: le due voci sommate danno una busta paga sopra i 10mila euro mensili. Anche se sulla remunerazione dei politici regionali possono influire altre componenti, come le indennità di presenza e i rimborsi chilometrici istitituzionali, che portano poi a riequilibrare i valori in campo nelle regioni in cui l'indennità di base è più bassa.
La differenza di regole produce conseguenze anche sul numero di consiglieri. A incidere non è solo l'ampiezza del territorio e la popolazione residente. L'autonomia statutaria, le leggi elettorali locali e il riferimento alla norma nazionale (la 108 del 1968) creano quattro tipi di situazioni possibili. Regioni come Marche, Campania e Umbria in cui lo statuto fissa il numero dei consiglieri regionali e la legge elettorale non consente l'assegnazione di seggi in sovrannumero. Altre (Basilicata e Veneto) che non hanno ancora approvato il nuovo statuto e in cui il numero dei consiglieri è disciplinato dalla legge nazionale (con la possibilità di superare la soglia).
In Lombardia, Calabria e Toscana, lo statuto contiene una clausola che consente l'aumento del numero dei consiglieri regionali per assicurare una stabile maggioranza consiliare. Infine, regioni con nuovo statuto e che dovrebbero eleggere un numero fisso di consiglieri ma in cui l'assenza della nuova legge elettorale o disposizioni regionali che richiamano l'applicabilità del sistema del sovrannumero portano a eleggere consiglieri in deroga al numero fissato dallo statuto. In questa situazione si trovano Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Lazio e Puglia.
Attenzione, però, all'effetto dell'eccessiva rappresentanza. Con riferimento alle cifre dello statuto o – in supplenza – della legge nazionale, sono le regioni più piccole a concentrare un numero maggiore di consiglieri in relazione ai votanti (quindi la popolazione con più di 18 anni e con diritto all'elettorato attivo). I lucani dovrebbero essere quelli con più "portavoce" delle istanze del territorio nella prossima assemblea: 6 consiglieri ogni 100mila elettori. Anche umbri e liguri potranno far sentire le loro istanze. Mentre un po' meno rappresentati saranno i lombardi, per cui la proporzione è di un consigliere ogni centomila soggetti ammessi a esprimere il proprio voto. In compenso, la Lombardia ha il numero assoluto più alto di posti nell'assemblea e quello di assessori (un primato però condiviso con il Lazio).